Riflessioni e considerazioni
di Carmen Palazzolo
La prima considerazione che mi viene alla mente è che civiltà e democrazia non si esportano né si importano ma devono essere il risultato di un processo di maturazione interno di un popolo; venti anni di presenza occidentale e tentativi in tal senso non sono infatti bastati a farlo in Afganistan. Uscite le truppe d’occupazione, ecco arrivare, velocissimi, i talebani e ripristinare la Sharia. E la paura si diffonde nel paese, specie fra le donne.
Ma cosa temono le donne afgane?
Temono di non poter più partecipare in alcun modo alla vita pubblica e di perdere diritti elementari come andare a scuola e guidare un’automobile, di venir sposate a forza con un talebano sconosciuto e non so quant’altro ancora. Fonti citate dal Guardian hanno infatti riportato che i comandanti dei talebani avrebbero ordinato agli imam delle aree sotto il loro controllo di fornire liste con i nominativi di donne tra i 12 e i 45 anni per darle in sposa ai nuovi venuti.
Si tratta dell’applicazione della Shari'a dei fondamentalisti islamici, che hanno preso in mano il potere, e l’affermazione di uno dei leader talebani che "L'emirato islamico non vuole che le donne siano vittime, che dovrebbero essere nelle strutture di governo, che sarà rispettoso dei diritti delle donne, garantendone l'accesso all'istruzione e alle cariche governative, sempre "nel rispetto della Shari'a", non le tranquillizza.
La Shari'a, parola che in arabo vuol letteralmente dire "strada battuta", è la legge sacra della religione islamica basata sul Corano e sulla Sunna, che è l’insieme degli atti e dei detti di Maometto, classificati nel corso dei secoli. Essa si estende fino a comprendere ogni atto umano, da quelli individuali e interiori, legati al culto, a quelli esteriori, come quelli legati all’interazione sociale, dalla sfera personale a quella politica.
Ogni atto è classificabile secondo una scala di accettabilità rispetto alla religione, che vede al primo posto gli obblighi di fede (i “pilastri dell’islam”) e in fondo gli atti vietati.
La Shari’a comprende anche il diritto penale, nel quale i “reati” al primo posto sono i delitti contro Dio, ossia l’apostasia e la blasfemia, seguono l’adulterio, il consumo di bevande alcoliche, il furto e la rapina per i quali la Shari’a stabilisce pene severe (hudud), fino alla morte.
La Shari’a e il suo diritto sono stati la legge degli Stati islamici fin dai primi califfati arabi. Successivamente è stata abolita quasi ovunque negli Stati moderni, sull’onda della modernizzazione e del nazionalismo guidato da principi laici, ed è stata sostituita da sistemi giuridici che ricalcano quelli europei, con alcune eccezioni.
I Paesi in cui è applicata in pieno nella vita pubblica sono una manciata, tra cui l’Arabia Saudita, l’Iran, il Pakistan. In altri Paesi, ad esempio quelli del Nord Africa e del vicino Oriente, l’approccio è più laico: i principi religiosi regolano solo i rapporti privati (ad esempio il diritto di famiglia).
In altri ancora la separazione tra Stato e religione è totale, come in Tunisia, Bosnia e nei Paesi dell’Asia centrale nati dopo il dissolvimento dell’Unione Sovietica
Ci sono però interpretazioni estreme della Shari’a come quelle invocate dai terroristi islamici per giustificare i loro attentati e sgozzamenti, o da Stati come Nigeria, Arabia Saudita, Sudan, Emirati Arabi Uniti, Pakistan, Yemen e, appunto, Afghanistan, che mantiene nella propria legislazione addirittura la lapidazione, sebbene nel Corano manchino riferimenti diretti ad essa.
Ma sono comportamenti inammissibili per la Shari’a anche l'adulterio, il consumo di alcol e l'apostasia, ossia il cambio di religione. Essa ammette inoltre la decapitazione, la mutilazione di arti (in teoria il furto viene punito con il taglio della mano destra) e le frustrate, tutte pene che confliggono con i principi del diritto occidentale.
La legge islamica vede uomini e donne uguali agli occhi di Dio, ma i diritti e gli obblighi loro conferiti (in particolare quelli economici) non sono identici, con discriminazioni del genere femminile in caso, ad esempio, di eredità, libertà personali e viaggiare all'estero, limitate dal tutore maschile.
replica di Giorgio Ledovini
Colgo l'occasione per fare qualche commento personale su quanto sta avvenendo in Afganistan. Anzitutto mi son fatto l'idea che gli americani siano intervenuti 20 anni fà più con l'obbiettivo di debellare il terrorismo che con quello di portare una democrazia ed aiutare quella gente a ricostruirsi uno stato (lo stesso Biden ha affermato che questo non era il loro scopo).Queste premesse sono causa di tutto quello che è successo dopo.Noi abbiamo seguito gli americani formalmente per il secondo fine e per obbligo di appartenenza alla NATO, ma da soli poco potevamo fare con le nostre scarse risorse.
L'intervento degli occidentali inoltre ha riguardato solamente aree strategiche (principali città e territori connessi), omettendo vaste zone ove sia i talebani che i molteplici gruppi terroristici hanno potuto sopravvivere e fortificarsi. Si consideri che alle elezioni per il governo istituito dagli occidentali hanno partecipato circa 2.000.000 di afgani su una popolazione stimata di 40.000.000.
Gli americani conoscevano benissimo questa situazione ed anche le sue possibili implicazioni.Infatti a Doha hanno patteggiato, molto male, un accordo con i talebani, poichè davano per scontato che il governo "legittimo",sostenuto dalle forze che avevamo addestrato, sarebbe durato massimo un paio d'anni.
Sul comportamento degli americani penso inoltre a quanto ha detto Biden ieri dopo aver saputo che erano stati uccisi nell'attentato suicida dell'aeroporto 12 americani: "vi troveremo e ve la faremo pagare". Non so se il presidente degli USA, lo stato fino a ieri più autorevole del mondo, si ponga queste domande: Dove abbiamo sbagliato? Come correggere la situazione? Chi sono gli Afgani? Di che cosa hanno bisogno? Quale potrebbe essere l'evoluzione della situazione dopo che avremo lasciato la zona? Cosa pensano i miei alleati? Invece emerge subito un assioma:la logica del "dente per dente".
Penso che noi europei, con tutti i nostri difetti, siamo per formazione storico culturale più adatti degli americani (ma anche dei russi e cinesi) ad aiutare, nel senso umano della parola, popolazioni che ne hanno bisogno.Ritengo pertanto che dovremmo cercare per il futuro di adottare una politica internazionale più autorevole ed autonoma. Ciò può essere fatto solamente se si opera a livello europeo, poichè stanno emergendo nuove potenze quali la Cina e l'India, con la quali non conviene trattare quali singole nazioni.
Giorgio Ledovini