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dei liberi pensatori

recensione di Anna Piccioni

Dopo 10 anni dalla prima pubblicazione, viene riproposto Ruah in versione italiano e sloveno. Questo volume agile nella forma , ma ricco di informazioni storiche e di emozioni vuol essere un altro apporto alla memoria i padre Placido Cortese.  Alla prefazione di Vlasta Polojaz, presidente della Fondazione Libero e Zora Polojaz ETS di Trieste, segue il racconto dei sette tragici, spaventosi, crudeli giorni di tortura di padre Placido Cortese, e l'approfondimento storico di Ivo Jevnikar. 

 

Voglio evidenziare con le parole della motivazione del premio Fogazzaro del 2014 assegnato a Ruah la profonda sensibilità di Elena Blancato nel raccontare la cronaca del martirio di Padre Cortese nei sotterranei del Palazzo di piazza Oberdan, sede della Gestapo, “Con drammatico ed efficace montaggio alternato fra presente e passato, l’autrice racconta il sacrificio di un sacerdote in un episodio di lotta resistenziale, descrivendo come la fede possa essere veicolo di unità e di solidarietà, superando certezze ideologiche e differenze etniche”. L'autrice entra in un rapporto empatico con padre Cortese per rendere incisiva, soggettiva, quasi vissuta in prima persona la sofferenza, come fosse lo stesso Padre Placido a raccontarlo. Un fragile corpo, francescano, che odia la violenza, esprime un forza d'animo che sicuramente la fede avrà ispirato, e che ha saputo manifestare con forza: lui stesso si meravigliava di essere riuscito a resistere ...lui, che si spaventava per un nonnulla e che gli altri conoscevano per la sua sensibilità (pag. 29). Avrebbe potuto isolarsi dalla Storia, allontanarsi da ogni impegno,ma sapeva guardare agli avvenimenti che sconvolgono l'umanità con quel senso di ottimismo cristiano che sa attendere dal male al bene. ( pag. 30.)Nella fede trova la forza per sopportare e non tradire i suoi compagni; i ricordi, i dolci ricordi della sua terra, della amata sorella, lo aiutano a estraniarsi dal proprio corpo ormai martoriato dalle violenze subite. E soprattutto la preghiera, il suo contatto continuo con Dio. Ma oramai La sua mente vacillava confusa dentro una fosca nebbia. Ancora le voci, le bestemmie , le urla degli aguzzini stavano perdendo il loro tono feroce e , diventando simili a delle eco. smorzavano il loro suono allontanandosi a poco a poco dalla sua percezione uditiva. (pag. 43); era giunto al giro di boa. Abbandono il mio corpo di martire, come una vecchia pelle...La mia mente è libera(pag. 31).

Lo storico Ivo Jevnikar ricostruisce la biografia di Placido Cortese, martire della carità e del silenzio, nel contesto storicoSolo negli ultimi vent'anni si sono iniziate pubblicazioni e si è alzato l'interesse e lo studio nei confronti di Padre Placido Cortese: Nicolò Cortese era nato nella Cres - Cherso asburgica il 7 marzo 1907 dove, per secoli, sotto il dominio della Repubblica di Venezia, e poi sotto l’Impero austro-ungarico erano convissuti e convivevano pacificamente italiani e croati. La sua formazione fu il frutto della fusione armoniosa fra queste due culture e contribuì ad allargare i suoi orizzonti mentali nei confronti della diversità etnica. Durante la guerra si trovava a Padova dove dirigeva il periodico e l’opera “Messaggero di Sant’Antonio”. Venuto a contatto con le sofferenze dei civili vittime dell'aggressione italiana, si occupò a soccorrere, a salvare tanti internati nel carcere di Chiesanuova dal 1942 al 1944 provenienti dalla Slovenia e dalla Croazia. L'aiuto, la solidarietà di Padre Placido superava le differenze religiose. Nell'ottobre del 1944 quando fu catturato dalle S.S. e portato al comando della Gestapo a Trieste, in piazza Oberdan, fu sottoposto a torture terribili, ma non cedette. Del suo corpo non si sa nulla, forse bruciato nel forno crematorio della Risiera di San Sabba. L'attività di Padre Cortese s'intreccia con altre azioni clandestine che operarono sul territorio durante l'occupazione tedesca.

Elena Blancato Ruah – Il soffio dello spirito Mladika edizioni

 

 

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