recensione di Anna Piccioni
Se vogliamo sapere chi sono gli Italiani, Cristina Benussi ce lo racconta andando indietro nel tempo dall'impero romano, attraverso le invasioni barbariche, fino ad arrivare ai giorni nostri. Siamo una razza bastarda, risultato di varie mescolanze. Da Nord a Sud da Est a Ovest, un popolo diverso. Ancora di più si accentua la differenza tra il centro e la periferia.
Ci sono i fatti storici e poi ci sono le memorie e le varie narrazioni.
Per quanto i protagonisti del Risorgimento abbiano lottato, anche con la propria vita per costruire una nazione, l'Italia rimane il Paese dai mille campanili
Petrarca con la canzone all'Italia, e saltando qualche secolo anche Gioberti con Il primato morale e civile degli Italiani cercarono di risvegliare lo spirito nazionale: pensiero utopico: non basta esser stati eredi del mondo classico, avere la Santa Sede a Roma: religione perfetta, quella cattolica romana, per essere paladini dell'unità. Semplicemente propaganda: compito degli intellettuali educare ispirandosi al passato: affetti sentimentali, religiosi, patriottici (per i moderati) per i repubblicani esempi energici; una narrazione passionale della storia, una propaganda attraverso simboli: gli assediati inermi nel valore vincevano gli assedianti feroci ben attrezzati che non risparmiavano nessuno.
La narrazione della Benussi si fa più intensa nella seconda parte del suo saggio quando affronta il problema dei confini. La storia dei confini, che mutano sulla testa della gente, soprattutto quello orientale e al nord (Alto Adige).
La Letteratura e la Storia per capire un territorio complesso, sofferto, pluriculturale, plurilingue dentro confini stabiliti a tavolino da chi non sa e non può o non vuol capire. Ma la sofferenza di quelle genti è condivisa da una parte e dall'altra; sofferenze stabilite da fuori non nei rapporti interni. Il confine definisce e divide l'identità al di qua e al di là; chiedere dove stare quando il luogo è lo stesso, è illogico e innaturale.
TRENTO TRIESTE: due terre accomunate da destini diversi ma altrettanto sofferti. Triestino di sangue misto, Trieste città dal carattere internazionale, jl Trentino fedele alle idee ereditate, legato alle sue valli, spirito cattolico. Differenza dovuta alla conformazione geologica: le valli chiuse per il Sud Tirolo, il mare aperto per Trieste (Ter mercato) portata ai commerci e al mercato, tipologia urbana, con una consistente comunità ebraica e greca.
Svevo nei suoi romanzi denuncia un mondo borghese che si sta sgretolando: l' inquietudine simbolo della nuova condizione esistenziale; a questi si contrappone Slataper, rappresentante di quell' ETICA CARSICA, basata su cultura agraria diversa da quella commerciale e urbana di Svevo e Saba (esempi di retorica e furbizia). Cultura contro economia e passare sotto l'Italia non fu vantaggioso sul piano economico (domicilio coatto).
Il SOCIALISMO a Trieste ha varie anime: quella che guarda all'Italia del Puecher e quella internazionalista del Pittoni. Anche l'IRREDENTISMO si divide tra il liberal nazionale di Benco, il mazziniano di Slataper e Stuparich e il nazionalista diTimeus. Ma poi Stuparich affermerà che
stare dentro la guerra elimina tutti i falsi ideali di bellezza eroismo giustizia.
Il significato di patria per i soldati trentini: né Austria né Italia. La Patria è dove sta la famiglia, sta la casa, il lavoro, la propria valle, il proprio paese.
Questi atteggiamenti provocheranno diffidenza e disprezzo nei confronti dei soldati trentini e triestini.
Molti furono costretti ad andarsene 240.000 PROFUGHI!
E' difficile parlare di patriottismo vista la pluralità di Popoli: La scelta che dovranno fare non è dovuta all' amor di patria, ma a vari motivi di ordine pratico e individualistico; astensione totale da ogni dichiarazione nazionalistica, in quanto il nazionalismo esclude ogni inclusione.
La narrazione di Cristina Benussi continua mettendo in evidenza il ruolo della cultura negli anni bui del Fascismo di confine nella Venezia Giulia realizzato con la “bonifica etnica”, una vera e propria “Resistenza culturale”. Dopo il Trattato di Rapallo (1920) si erano raffreddati gli entusiasmi patriottici -a Trieste: Biagio Marin, Quarantotti Gambini, Giotti, Stuparich-
Importante sottolineare il ruolo delle donne triestine, donne colte ed emancipate, che poterono influenzare l'opinione pubblica: Haydée (Ida Finzi), Willi Dias (Fortunata Morpurgo), che da dannunziana convinta poi divenne antifascista, Pia Rimini, anch'essa ebrea internata alla Risiera e poi ad Auschwitz, dove morì.
“Così pulizie etniche, leggi razziali, miti della razza colpirono con cieca ferocia...” e si stava avvicinando un'altra Guerra ancora più devastante le cui vicende la Benussi enuncia in modo incalzante, fatti gli uni legati agli altri, eventi che travolgono il senso di umanità, fino al secondo dopoguerra. Se nel resto d'Italia inizia la ricostruzione non solo materiale, ma soprattutto tra gli Italiani; nella Venezia Giulia la rinascita e la conciliazione non è ancora possibile. Trieste diviene Territorio Libero sotto il Governo Alleato dopo due anni di accordi unilaterali tra Yugolavia e Alleati, e Italia e Alleati. La Venezia Giulia contesa tra due Nazioni dopo aver perso Trieste parte del suo territorio diviso tra zona A e Zona B. Tutto questo costrinse le popolazioni italiane dell'Istria a scegliere tra rimanere o optare, abbandonando tutto. Ha inizio l'esodo degli Optanti, profughi giuliano-dalmati, verso l'Italia e Trieste.
Come scrisse Fulvio Tomizza in “La ragazza di Petrovia”(1963) nei campi profughi cominciava la difficile conquista di una nuova identità nel passaggio da contadini a cittadini. Molte sono le scrittrici esuli che testimoniano quell'esperienza sradicante, l'esperienza di una vita umiliante e la capacità di ricostruirsi: Marisa Madieri, Giuliana Zelco, Regina Cimmino, Lina Galli, Miryam Andreatini, Lina Derin. Diverso destino, ma stesso spaesamento: l'esperienza di nomi cambiati alle vie, ai luoghi familiari, la lingua, senza tralasciare le umiliazioni subite, lo troviamo nelle scrittrici rimaste: Anna Maria Mori, Nelida Milani.
Diversa, ma non meno complessa e sofferta la situazione sul confine settentrionale. Durante il Fascismo per gli Altoatesini l'italianità è respinta al punto tale di accettare il Nazismo e allo stesso tempo essere antifascisti. Il Nazismo considerato come liberazione dalla costrizione fascista.
Dell'area trentina solo negli ultimi decenni, da parte di testimoni di seconda e terza generazione, si è cominciato a parlare; vanno ricordate Isabella Bossi Fedrigotti e Francesca Melandri.
Per concludere queste intricate vicende che ancora non si sono risolte va sottolineato che oggi ci sono nuovi confini: generazionali, tra paesi ricchi e poveri, tra tecnologie avanzate: Lo sottolinea Michele Obit , sloveno nato in Germania, residente a Cividale aggiungendo che la lingua ufficiale è minoritaria è il mercato che definisce la lingua.