di Carmen Palazzolo
Fino a qualche mese fa io non conoscevo neppure l’esistenza dell'Amministratore di sostegno, poi un importante problema familiare mi ha fatto scoprire l’esistenza e il ruolo di questa figura.
E quando, sul quotidiano Il Piccolo del 1° ottobre, ho letto che a Trieste si pensa addirittura di aprire uno sportello di consulenza per gli Amministratori di sostegno – in realtà già aperto – ho pensato di scriverne anch’io per i nostri lettori sparsi per il mondo. A Trieste – scrive il giornalista Massimo Greco – gli Amministratori di sostegno sono “quasi” 2.300. Non capisco cosa significa quel quasi, forse vuol dire che sono poco meno di 2.300, numero che sta comunque ad indicare che in questa città di 200.000 abitanti ci sono almeno 2.300 persone bisognose di aiuto e anche più perché ognuno di essi può assistere anche più di una persona.
Detto questo vediamo qual è il ruolo di questa figura, che è stata istituita dalla legge 6 gennaio 2004 n. 6 che, all’articolo 1, così cita: “La presente legge ha la finalità di tutelare, con la minore limitazione possibile della capacità di agire, le persone prive in tutto o in parte di autonomia nell'espletamento delle funzioni della vita quotidiana, mediante interventi di sostegno temporaneo o permanente”. Quest’articolo è completato dall’ art. 404, che dice: “La persona che, per effetto di una infermità ovvero di una menomazione fisica o psichica, si trova nella impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi (cura della propria persona e della propria casa, amministrazione del proprio patrimonio), può essere assistita da un Amministratore di Sostegno, nominato dal giudice tutelare del luogo in cui questa ha la residenza o il domicilio”.
Va precisato però che questa figura è stata concepita dal legislatore per assistere nella gestione dei rapporti personali e patrimoniali i soggetti affetti da disturbi non così gravi da dover dar luogo all'interdizione.
Il decreto di nomina dell'Amministratore di Sostegno deve contenere l'indicazione della durata dell’incarico, che può essere a tempo determinato o indeterminato; l’ oggetto dell'incarico e degli atti che l'Amministratore di Sostegno ha il potere di compiere in nome e per conto del beneficiario; gli atti che il beneficiario può compiere solo con l'assistenza dell'Amministratore di Sostegno; i limiti, anche periodici, delle spese che l'Amministratore di Sostegno può sostenere con utilizzo delle somme di cui il beneficiario ha o può avere la disponibilità; la periodicità con cui l'Amministratore di Sostegno deve riferire al Giudice circa l'attività svolta e le condizioni di vita personale e sociale del beneficiario.
Il ricorso per l'istituzione dell'Amministrazione di Sostegno può essere proposto dallo stesso soggetto beneficiario o dai responsabili dei servizi sanitari e sociali, se a conoscenza di fatti tali da rendere opportuna l'assistenza di questa figura.
Per ricoprire questo ruolo si offre spesso un parente della persona che ne abbisogna; se ciò non avviene, è il giudice che ne nomina una. L’incarico è gratuito ma, considerata l’entità del patrimonio dell’assistito e le difficoltà dell’amministrazione, il giudice può assegnare al tutore un’equa indennità. Può altresì, se particolari circostanze lo richiedono, sentito il protutore, autorizzare il tutore a farsi coadiuvare nell’amministrazione, sotto la sua personale responsabilità, da una o più persone stipendiate.
Credo che quanto ho già scritto sia sufficiente a spiegare la complessità del compito che l’Amministratore di Sostegno è chiamato a svolgere, che dipende molto dal tipo di disturbo del beneficiario e questi disturbi sono svariatissimi.
Io conosco tre situazioni in cui esiste questa figura: una persona fisicamente invalida a causa di un grave incidente automobilistico, con ridotte capacità intellettive e difficoltà di linguaggio; una persona con una grave malattia psichiatrica e una persona con buone capacità cognitive ma totalmente incapace dell’igiene e cura di sé, della propria abitazione e del proprio patrimonio.
La situazione che conosco meglio e che, per quanto mi è dato di sapere, è anche la più difficile da gestire, è l’ultima perché, essendo perfettamente capace di intendere, mal sopporta l’aiuto in fin dei conti impostole, che vive come un controllo. Ella abbisogna invece di un monitoraggio costante e continuo anche per l’età avanzata (79 anni) e gli acciacchi che l’accompagnano per cui necessita pure di visite mediche e di assumere medicine e, poiché è inaffidabile, deve essere accompagnata alle visite sanitarie e non rimane che sperare che assuma i farmaci prescrittile, perché rifiuta un’assistenza quotidiana. Di questa avrebbe bisogno anche per l’igiene personale perché, nonostante si presenti accuratamente abbigliata, pettinata e truccata, non si lava, non lava la sua biancheria e non ha cura della pulizia e dell’ordine della casa che, lasciata a lei, si trasforma in breve in un vero e proprio immondezzaio. Di fronte a questa situazione io ed altri che ne hanno cura ci domandiamo spesso se è pigrizia o malattia e qual è, nella situazione, la componente dell’una e dell’altra per poi concludere che tutta pigrizia non può essere. Il risultato rimane lo stesso: è una persona bisognosa di aiuto.