Una realtà poco nota è quella osservata da Anna Piccioni durante il suo viaggio in Palestina di qualche mese fa che, dopo molte esitazioni, riteniamo sia giusto far conoscere.
27 dicembre 2019 – 4 gennaio 2020: primo impatto
di Anna Piccioni
Ho deciso di aggregarmi in questo viaggio perché volevo capire la questione palestinese, vedere con i miei occhi, sentire con le mie orecchie. Probabilmente quello che scriverò potrà non essere condiviso, ma io c'ero, ho passato tutti i check point presieduti da militari israeliani armati con mitra pronto a sparare; giovani ventenni, ragazze e ragazzi. Ho visto il muro costruito da Israele che segue tutto il confine tra Israele e Palestina, ho visto gli insediamenti israeliani all'interno del territorio palestinese e nelle stesse città. Ho sentito la rassegnazione dei giovani che, dopo aver studiato all'estero (molti nelle Università italiane), ed essere ritornati in Patria, vorrebbero andarsene per costruirsi un futuro migliore. Ho sentito che per qualsiasi cosa i Palestinesi vogliano fare devono chiedere permesso ad Israele, che non sempre è sollecita: chiedere permesso per potersi ristrutturare la casa, coltivare il proprio campo, potersi curare, andare a studiare all'estero. Israele compie dei veri e propri soprusi, viola i diritti umani, ma la comunità internazionale tace: troppi interessi la legano a Israele, che non riconosce lo Stato di Palestina, ma lo considera solo un territorio da sfruttare. Anche la poca economia prodotta dalla Palestina passa per Israele. Sono stata a Betlemme, Hebron Ramallah, Gerusalemme est, Gerico.
Le case di Betlemme vicino al confine sono circondate dal muro e agli abitanti è fatto divieto di salire al terzo piano; questo troppo vicino all'altezza del muro (di 8 metri più due metri di filo spinato). La situazione peggiore è a Hebron, nella old city. Immaginate che uno un giorno, con la prepotenza, viene a casa vostra e occupa senza diritto la cucina, il bagno, le stanze e vi lascia una stanza; ma non potete uscire dalla porta, perché viene murata, dovete uscire dalla finestra, sperando di trovare un viottolo libero per andare al lavoro, a scuola, a fare la spesa. Nella città vecchia di Hebron tra strette strade, cunicoli dove si aprono botteghe di varia umanità, girato l'angolo non puoi proseguire: il passaggio è stato bloccato con cemento, filo spinato o bidoni pieni di pietre e cemento. Spesso i cittadini devono fare lunghi percorsi per raggiungere la loro meta. Se non bastasse, in vari punti ci sono check point e tornelli dove solo una persona alla volta può passar con controllo dei documenti. Il Sindaco di Hebron ci ha raccontato che un giorno è scoppiato un incendio nella città vecchia, ha dovuto chiedere a Israele il permesso per portare soccorsi; quando si son decisi a darlo, era troppo tardi per salvare una famiglia! Nell'antico bagno turco, la cui porta principale è stata murata, abbiamo trovato cinque giovanissime che cantavano e ci hanno detto che spesso vengono lì perché l'acustica è ottima.
Il sorriso è la lingua universale per comunicare; al sorriso donne, uomini, bambini rispondono con il sorriso.