di Carmen Palazzolo
Grandi cambiamenti sono avvenuti in questo periodo all’Associazione delle Comunità Istriane di Trieste, ratificati dall’Assemblea generale straordinaria del 24 luglio 2020, che ha approvato il nuovo statuto dell’Associazione. La stesura di questo documento è stata imposta a tutte le associazioni, iscritte all’anagrafe ONLUS, dall’esigenza dell’adeguamento al Registro Unico Nazionale del Terzo Settore (RUNTS), che lascia però alle singole associazioni una libertà piuttosto ampia di adeguamento a seconda delle loro specifiche esigenze.
È un compito importantissimo, che le Comunità Istriane hanno affidato a uno studio di avvocati. Questo, in accordo con la presidenza del sodalizio, ha sottoposto all’approvazione della suddetta Assemblea, riunita allo scopo, una bozza che contiene molti e sostanziali cambiamenti rispetto allo statuto in vigore, tali da modificare la stessa ragione sociale dell’Associazione. Dopo aver avuto accesso alla bozza, prima dell’Assemblea, un gruppo di tredici persone, e quindi quasi la metà del consiglio direttivo, che è composto da 25 membri, ha ripetutamente chiesto il rinvio dell’Assemblea per avere il tempo di esaminare e riflettere adeguatamente al documento proposto ed eventualmente presentare delle modifiche adeguate, senza ottenere risposta. La richiesta è stata rinnovata all’inizio dell’Assemblea col medesimo risultato negativo.
Non è quindi rimasto altro che proporre sul posto qualche variazione. Ne è risultato un documento senza alcun cambiamento sostanziale rispetto a quello presentato e i medesimi importanti mutamenti. Uno di questi riguarda i soci del sodalizio che, per origine e tradizione, erano le Comunità, perché è stato proprio un gruppo di esse che ha fondato quest’Associazione. Il nuovo statuto ribadisce invece il fatto che sono socie dell’Associazione le persone, cosa che era già stata enunciata ed approvata dall’Assemblea generale riunita allo scopo poco tempo fa. In secondo luogo, ma non di minore importanza, viene il fatto che il consiglio direttivo, che deteneva il potere deliberante ed era costituito prevalentemente dai rappresentanti di tutte le Comunità aderenti, come membri di diritto e non eletti, più un esiguo numero di membri eletti, fino a raggiungere il numero di 25, è diventato Consiglio di indirizzo col compito di suggerire gli orientamenti dell’Associazione, che non sono però vincolanti perché il consiglio direttivo ne deve approvare la fattibilità. Nuovo consiglio direttivo, con potere deliberante ed esecutivo, è diventato quello che era prima un consiglio di presidenza con potere, sulla carta, solo esecutivo.
Ora esso è composto dal presidente, dai tre vicepresidenti (questi sono stati portati da due a tre), dal segretario, dal tesoriere, dal direttore del giornale. Al loro fianco siederanno a consiglio, con diritto di parola e non di voto, i tre probi viri e i tre revisori dei conti. Tutto ciò ha la non lieve conseguenza di togliere la voce alle Comunità cambiando così la stessa ragione sociale di questo grande sodalizio; quindi anche quel “delle Comunità Istriane” non è più pertinente e andrebbe convertito in “Associazione degli Esuli Istriani”.
Va inoltre segnalato un altro evento importante, accaduto subito prima della succitata Assemblea: la perdita di posto di tre consiglieri del vecchio consiglio direttivo, tutti e tre di lunga permanenza ed esperienza nel mondo della diaspora giuliana, per la rigida applicazione della regola, mai rispettata prima, che un consigliere che manchi per tre volte consecutive senza giustificazione alle sedute del consiglio perde il posto nel suo seno e uno perché, essendo ultimamente aumentato il numero delle Comunità di tre unità, e di conseguenza lo stesso numero dei membri di diritto, perdono il posto altrettanti consiglieri eletti. Questa perdita di posto non è però prevista dal vecchio statuto.
Tutto questo ha provocato un certo malcontento in quasi la metà dei consiglieri e la dimissione di uno dei vicepresidenti, di uno dei probi viri, del segretario e di un consigliere.
Questo togliere voce alle Comunità, che significa sminuire la loro importanza, se non togliergliela del tutto, mi sembra incoerente e contrario alla politica attuale dell’Associazione di favorire l’accoglienza di altre Comunità. Inoltre, io mi domando se una Comunità ha ora dei vantaggi dall’adesione e presenza in questo sodalizio, a parte l’aspirazione all’unione, alla quale il mondo dell’esodo giuliano-dalmato non è mai stato sensibile, e quali sono questi vantaggi.
Non mi meraviglierei perciò se anziché nuove adesioni la situazione provocasse il distacco di qualche Comunità aderente.