di Carmen Palazzolo
Italiani dell'Adriatico orientale: un progetto per il futuro è il titolo del convegno tenuto all'IRCI mercoledì, 24 ottobre 2018, organizzato per il Circolo di Cultura Istro-veneta "Istria" da Ezio Giuricin, suo vicepresidente.
Numeroso il pubblico presente, fra il quale ci sono numerosi esponenti della minoranza italiana residenti in Slovenia e Croazio, quali Maurizio Tremul e diversi presidenti di Comunità mentre assenti sono i presidenti delle associazioni degli esuli. Presente pure la televisione di Capodistria e non la RAI.
Dopo il saluto del presidente dell'IRCI Franco Degrassi e la prolusione del presidente del Circolo Istria Livio Dorigo, si sono succeduti gli interventi di Kristjan Knez, Ezio Giuricin, Giorgio Tessarolo, Nelida Milani Kruljac, Gaetano Bencic, Guglielmio Cevolin, Sandro Gherro, Fulvio Varljen, Franco Fornasaro al mattino, Lucia Castelli, Isabel Russinova, Loredana Bogliun, Silva Bon, Laura Marchig, Guido Rumici nella ripresa pomeridiana. Sono storici, giornalisti, scrittori, poeti, insegnanti universitari e medi, fotografi e documentaristi. Di particolare e grande spessore sono state in particolare le relazioni del mattino, e non è facile per me descrivere il tutto e tanto meno trarre delle conclusioni. Molte sono pure le persone che intervengono al dibattito conlusivo.
La prima considerazione che mi sorge spontanea è infatti che, sull'argomento, è stato detto di tutto e il suo contrario, da cui cercherò di estrapolare ciò che mi ha colpito di più e mi sembra più importante.
È emersa in particolare, da parte di tutti, esplicitamente o in maniera sottintesa, l'esigenza dell'unione esuli/rimasti per evitare la fine della cultura e dell'identità italiane di Istria Fiume e Dalmazia. Ma la cosa più difficile da superare sono le barriere mentali. Tuttavia gli esuli, benché depositari della memoria, dovrebbero fare lo sforzo di non pensare soltanto al passato ma, assieme ai rimasti, che vivono sul posto, rivolgere lo sguardo all'avvenire e alle nuove generazioni. Difficile appare il ritorno fisico degli andati e dei loro discendenti ma è pensabile e auspicabile un ritorno culturale. Particolarmente difficile e a rischio di estinzione appare la situazione dei rimasti, non sufficientemente tutelati dalla normativa e senza un'indipendenza economica, condizione di autosufficienza, al contrario di quanto avviene per le minoranze slovena e tedesca in Italia. Si rileva, ad esempio, che gli sloveni possiedono addiritttura una loro banca e che i tedeschi sono una maggioranza nel territorio in cui risiedono, per cui la situazione è molto diversa da quella in cui vive la minoranza italiana in Slovenia e Croazia, in continuo rischio di assimilazione ed estinzione per i matrimoni misti, la mancanza di indipendenza economica, la mancanza/scarsità di lavoro per i giovani, le scuole non sempre con insegnanti validi e dove, fuori dalle lezioni, si parla croato e sloveno anziché litaliano, come dovrebbe essere d'obbligo. Parlare italiano, e meglio ancora uno dei dialetti locali, dovrebbe essere un piacere e un piacere trasmetterlo ai propri figli, se non si otterrà questo la lingua italiani si estinguerà.
Diversi relatori ritengono che una condizioni della sopravvivenza sia l'autonomia economica delle Comunità e la possibilità per i giovani di trovare lavoro altrimenti essi vanno a cercarlo altrove e sono persi. Bisognerebbe quindi favorire gli investimenti sul posto di imprenditori italiani, magari discendenti di esuli, e a dire il vero ce ne sono. Altri ritengono che gli imprenditori pensano solo agli utili e non danno grande importanza a quest'aspetto e rilevano l'esistenza di diverse iniziative economiche sia pure di modesta entità. Eppure, anche se non se ne ha la percezione, la mentalità della gente è cambiata, e in particolare quella degli esuli, anche se rimane qualche singolo "resistente", che può purtroppo essere molto dannoso se occupa una posizione di rilievo. Lo dimostra il fatto che a metà degli anni '90 di italiani rimasti non si parlava neppure, si riteneva anzi che in Istria gli italiani non esistessero più o che al massimo ci fossero dei croati che parlavano l'italiano. Per la conoscenza della nostra storia è stato molto importante il contributo dato dalla legge per il Giorno del Ricordo, anche se tuttora in Italia si sa poco di essa.
Alcuni auspicano la fondazione di una nuova associazione mentre secondo altri ciò non è necessario, basta che quelle esistenti formino rete.
Il congresso si conclude con la firma da parte di molti dei presenti di un manifesto che si pubblica integralmente qui di seguito assieme alle relazioni di Nelida Milani Kruljac e Ezio Giurcin, che ritengo di grande valore.