Secondo una consuetudine consolidata nel tempo perché risalente all'anno 2000, il Circolo Istria organizza due gite all'anno: una in primavera e una in autunno, sempre aventi come meta qualche località della penisola istriana. Hanno fatto eccezione soltanto le escursioni nelle isole di Cherso, Lussino, Arbe e Veglia.
Ad ogni gita il socio e storico Franco Colombo, o altri contattati allo scopo, presenta la storia della meta prescelta per cui, più che di gite si potrebbe parlare di viaggi d'istruzione. Esse venivano organizzate da Fabio Scropetta fino alla sua scomparsa, ora dal geometra Franco Crevatin, che validamente lo sostituisce.
Negli anni sono stati toccati tutti i paesi dell'Istria ma di particolare interesse dal punto di vista della bellezza del territorio sono state – a mio avviso – le visite al Canale di Leme e alla Valle del Quieto; da quello della sua conoscenza storica quelle al Monastero di S. Michele, a Barbariga e ai resti delle ville romane di Dragonera, al castelliere di Moncodogno e ai limidi del dignanese per la scoperta delle centuriazioni, mentre per la conoscenza della pluralità etnica della penisola sono state illuminanti le visite alla Ciceria e alla comunità montenegrina di Peroi. Interessantissimo è stato inoltre andare alla scoperta del percorso del fiume Timavo, anche di quello sotterraneo che forma le Grotte di San Canziano, che fa parte - secondo il mio parere - degli approfondimenti, come il viaggio di domenica 23 ottobre 2016, perché penso che i più fedeli partecipanti a questi viaggi d'istruzione possono dire di aver visitato e di conoscere l'Istria in modo non superficiale.
Domenica 23 ottobre u. s. il viaggio è cominciato alle ore 7 a Gorizia, dove sono saliti sulla corriera prenotata allo scopo i primi gitanti, ai quali si sono uniti – come di consueto – gruppi di persone residenti a Trieste e a Muggia, da dove si è andati a Pinguente. Qui era ad attenderci il trenino, attivato espressamente per noi, che corre sui binari della ferrovia progettata durante la dominazione austro-ungarica dell'Istria. Come ci spiega il sig. Bianchi del museo ferroviario di Campo Marzio di Trieste, essa fu costruita a scartamento ordinario dalla società ferrovie statali istriane (Istrische Staatsbahn) e aperta all'esercizio il 20 settembre 1876; il servizio merci e passeggeri fu affidato alla Südbahn, che a quel tempo gestiva la linea Trieste-Vienna. Secondo altre fonti la sua gestione fu affidata alle Ferrovie Imperial-regie dello Stato austriaco (KKStB). Partendo dalla stazione di Divaccia essa raggiungeva i porti di Rovigno e Pola attraversando l'Istria interna.
Dal 1887 presso la stazione di Erpelle-Cosina si attestò anche la ferrovia Trieste-Erpelle. Per il Governo essa aveva lo scopo di collegare la piazzaforte militare di Pola con Trieste e Vienna ma per gli abitanti dei vari paesi dell'Istria interna era un importantissimo mezzo di trasporto e comunicazione per persone e merci perché, in un periodo privo di una qualsiasi rete viaria, collegava quasi tutti i centri abitati dell’Istria nord-occidentale permettendo la commercializzazione delle risorse produttive e agricole del territorio che, secondo le speranze delle popolazioni, sarebbe così uscito dalla sua endemica povertà. .. e in parte riuscì nell'intento.
Lunga e travagliata è la storia del suo funzionamento, che fu condizionata dal passaggio del territorio che attraversa dal governo austro-ungarico, all'italiano, allo jugoslavo e ora a quello croato per cui subì chiusure e aperture varie. Dopo la prima Guerra Mondiale, a seguito del Trattato di Saint Germain en Laye del 1919, l'intera linea ferroviaria ricadde in territorio italiano e quindi sotto l'esercizio delle Ferrovie dello Stato italiane. Nel 1936 la diramazione per Rovigno fu chiusa a causa del razionamento della benzina imposto dalla guerra e sostituita da un autoservizio ma fu riaperta nel 1941. Nel secondo dopoguerra, dopo il Trattato di Parigi del 1947, la linea divenne jugoslava e passò in gestione alle Jugoslovenske Železnice (JŽ). Nel 1951 fu aperta la parte Lupogliano-porto di Arsia. Nel 1966 fu chiuso al servizio viaggiatori il ramo Canfanaro-Rovigno. Nonostante tutti i suddetti cambiamenti la linea non è stata disarmata per cui se ne è più volte proposto il recupero senza ottenerlo. Anche attualmente il sindaco di Pola, Boris Miletic', si sta adoperando per la sua riattivazione. Uno degli obiettivi di questo viaggio d'istruzione del Circolo Istria è infatti anche quello di esprimere al Sindaco la solidarietà del solidalizio per quest'iniziativa.
Il 23 ottobre il trenino coi suoi gitanti è partito da Pinguente/Buzet e ha fatto tappa a Lupogliano/Lupoglav, Pisino/Pazin, Canfanaro/Kanfanar, stazione di Pola/Pula.
A Pola i gitanti sono stati ricevuti nell'aula del Consiglio comunale dal vicesindaco e presidente della locale Comunità degli Italiani Fabrizio Radin che, dopo il saluto, ha esposto ai presenti l'organizzazione amministrativa della città, che è molto centralizzata, e li ha invitati ad osservare le immagini fotografiche illustranti la storia di Pola esposte sulle pareti. A conclusione della visita, Livio Dorigo, presidente del Circolo Istria, ha pregato il Vicesindaco Radin di esprimere al Sindaco della città, Boris Miletić, il sostegno solidale del Circolo Istria al suo intento di riattivare l'antica linea ferroviaria percorsa durante la mattinata dalla nostra comitiva.
Dopo una breve visita alla Comunità degli Italiani e il pranzo, nel pomeriggio, in corriera perché l'area è vastissima, con la guida di Livio Dorigo, c'è stata la visita della zona del polese che durante l'impero austro-ungarico era riservata alla Marina Militare, era in un certo senso indipendente perché aveva i suoi luoghi di socializzazione, ritrovo e culto ed era assolutamente preclusa ai civili. Per avere un'idea più approfondita della vastità e importanza di essa, si consiglia di leggere lo scritto di Aldo Cherini, La potenza navale austriaca e la piazzaforte navale di Pola, da cui si trae la descrizione che segue:
"Il circuito della città di Pola presentava un raggio utile di 5 chilometri con opere murarie numerose ma non omogenee, causa questa di aperte critiche in seno allo stesso ambiente militare, divise in due cinte, una interna con 5 forti ed una esterna con 8 forti, mentre la zona di Fasana ne aveva altri 8. Nella primavera del 1914 si dava mano alla modernizzazione e al riarmo delle opere obsolete completando la cinta esterna con 50 batterie e 194 cannoni. Ma la difesa del lato mare presentava ancora una congerie di 120 cannoni e di mortai di vari calibri, cosa divenuta ormai inconcepibile. Nulla mancava tra caserme, magazzini, depositi, istituti tecnici (antropometrico, idrografico, specola astronomica, balipedio, stazione radio “ultrapotente”), ospedale, tribunale, carcere, cimitero. Notabile sopra tutto il grande arsenale isolato sullo Scoglio Ulivi, con bacini di carenaggio galleggianti e in muratura, grandi officine coperte, laboratori, centro direzionale con documentazioni archivistiche e con una serie di modelli navali pregevoli di storico interesse (attualmente ne esistono due, conservati in bacheca, presso l’Adriaco Yacht Club di Trieste). Il porto militare principale contava scorte e supplementi per 7 mesi per una guarnigione complessiva di 18.000 militari e marinai di varie nazionalità: tedesca, ungherese, polacca, céca, slovacca, croata, bosniaca, slovena, italiana. Si sentivano parlare tutte le lingue. Il punto più debole era il collegamento ferroviario con l’esterno conseguenza forse del fatto che la rete ferroviaria cadeva sotto il controllo dell’esercito e non della marina. Molta importanza assumeva il canale di Fasana che si doveva proteggere ad ogni costo. Singolare il fatto che quasi tutte le batterie portavano nomi italiani: Gruppo Barbarigo, forte Forno, batterie Benedetto e Caluzzi. A Brioni Minore troviamo il forte Minore e la batteria San Nicolò. L’ingresso meridionale del canale di Fasana era guardato dai forti Peneda e Cavarollo, dalla batteria Naviglio. A Brioni Maggiore il forte portava il nome di Tegetthoff. Esistevano inoltre 10 batterie mobili, spostabili a seconda dei bisogni".
Carmen Palazzolo
Di seguito, una piccola fotocronaca
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