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di Patrizia Lucchi Vedaldi

I BENI DEGLI OPTANTI E LA SECONDA PARTE DELL'ALLINEA 10 - ARTICOLO 2 - ACCORDO ITALO-JUGOSLAVO 18.XII.1954.

Continuando l'analisi dei beni degli optanti (vedi il precedente articolo La Verità sui Beni degli Optanti?), in questo articolo mi occuperò della seconda parte dell'allinea 10 dell'art. 2 dell'accordo di Belgrado perché ad oggi non viene affrontato ed è quella che riguarda direttamente la mia famiglia.


Secondo l'avvocato Tiziano Sosić', console onorario d'Italia a Pola, «Quei connazionali che si trovarono in Italia prima del 15 settembre 1947, ma che avevano avuto il domicilio nei territori ceduti in data 10 giugno 1940, hanno esercitato il diritto d'opzione presso il Comune italiano di residenza anagrafica che si è fatto carico di informare della avvenuta opzione la rappresentanza diplomatica jugoslava in Italia»1.
In realtà l'anagrafe comunale rilasciava una ricevuta relativa alla presentazione della dichiarazione di opzione, ma formalmente l'atto risulta esercitato presso la rappresentanza diplomatica jugoslava in Italia e validato dal Ministero degli Interni Jugoslavo. Per inciso, se non optavano diventavano apolidi poiché non acquisivano d'ufficio la cittadinanza jugoslava non essendo più domiciliati nei territori ceduti.
Con l'accordo italo-jugoslavo del 23 dicembre 1950 (legge 10 marzo 1955, n° 122, allegato 2 - scambio di lettere tra Jveković e Sforza) venne introdotto il principio che l'Italia poteva non avvalorare l'opzione già accolta dal Governo jugoslavo. La necessità del riconoscimento dell'opzione da parte di tutti e due i Governi venne ribadita dall'accordo di Belgrado del 18 dicembre 1954, del quale parlerò.

 

In questo lasso temporale alcuni esuli optanti provvidero a far registrare presso gli Uffici Anagrafe comunali l'accettazione dell'opzione da parte jugoslava.

Le lettere diplomatiche allegate all'accordo del 23 dicembre 1950 vennero citate il 23 marzo 1955 dal senatore Piola nel corso della presentazione alla Commissione 2° permanente del Senato (Giustizia e autorizzazioni a procedere) della legge “Trascrizione nei registri dello stato civile dei provvedimenti di riconoscimento delle opzioni per la cittadinanza italiana, effettuate ai sensi dell'art. 19 del Trattato di pace tra le Potenze alleate ed associate e l'Italia”.
La legge venne approvata il 9 gennaio 1956 (n.27): art. 1 «La trascrizione e l'annotazione nei registri dello stato civile dei provvedimenti di Stati Esteri che riconoscono il diritto di opzione per la cittadinanza italiana ai sensi dell'art. 19 paragrafo 2 del Trattato di pace (…), non possono essere eseguite senza il preventivo nullaosta del Ministero dell'Interno. La concessione del nullaosta è subordinata alla sussistenza delle condizioni richieste dal precitato articolo 19 (…)»
La validità delle trascrizioni e annotazioni fatte dalle Anagrafi comunali prima dell'entrata in vigore della citata legge vennero messe in discussione all'art. 2 della legge stessa «Le trascrizioni ed annotazioni dei provvedimenti menzionati nel primo comma dell'art.1, già avvenute in data anteriore all'entrata in vigore della presente legge, non impediscono la contestazione in sede giudiziaria sullo stato di cittadinanza dell'interessato per la mancanza della condizioni necessarie».
Ovviamente anche coloro che avevano optato in Jugoslavia erano soggetti agli accordi italo-jugoslavi del 23 dicembre 1950, del 18 dicembre 1954 e alla legge n.27/1956.
Dagli accordi italo-jugoslavi del 1949, 1950, 1954, 1965 ho ricavato una tabella dove ho evidenziato sia i beni sia gli importi degli indennizzi riconosciuti dalla Jugoslavia.
Nella redazione mi sono attenuta al dettato dell’Accordo di Belgrado del 18 dicembre 1954 (DPR 11 marzo 1955, n. 210). Per facilitare la lettura ho lasciato per ultima la casistica normata all'art. 2, lettere a) e b).
Prima di iniziare la disamina, ricordo che secondo la prassi corrente l’interpretazione valida di un trattato è quella desumibile dalle parole del trattato stesso, senza possibilità di agganciarsi ad effettive volontà degli stipulanti. A parità di significati si sceglie l'interpretazione più favorevole per la parte più onerata.

Il quadro emerso dalla tabella da me predisposta è che vi sono:
1. beni italiani che sono passati in proprietà della Repubblica Socialista di Jugoslavia;
2. beni italiani che non sono passati in proprietà statale e che sono invece passati sotto la legislazione jugoslava “in materia di proprietà”. Il che significa che dal 1991 sono soggetti allo stesso regime legislativo dei beni dei cittadini croati.

Entrando nel merito, l'art. 2 dell’Accordo di Belgrado inizia asserendo che «sono considerate come definitivamente regolate le indennità dovute dal Governo jugoslavo relative a ...», segue l’elenco, suddiviso in tre punti, uno dei quali è a sua volta suddiviso nelle lettere a) e b). Un quarto punto viene trattato all’art. 3.
Il quadro che ne emerge è che sono state individuate 5 categorie di beni passati in proprietà della Repubblica Federativa Jugoslava per i quali la Jugoslavia si è impegnata a erogare indennizzi, quattro delle quali con l'accordo di Belgrado del '54 e 1 (quella che genera confusione) con l'accordo di Roma del 5 luglio 1965 (DPR 20 gennaio 1966, n. 575), mera esecuzione dell'accordo di Belgrado.
Mentre 3 categorie di beni sono passati sotto la legislazione jugoslava (il che è ben diverso). Si tratta dei beni di coloro che ottennero lo svincolo dalla nazionalità jugoslava, di quelli inseriti nella lista A dell'accordo di Roma del 1965 e del protocollo del 1983, nonché di quelli degli optanti la cui opzione non era stata accolta dai due governi entro il 31 marzo 1955.

TABELLA:

N. TIPOLOGIA DI BENI INDIVIDUATI NEL TRATTATO DI BELGRADO 18 DICEMBRE 1954 – IMPORTO DELL’INDENNIZZO DA PARTE DELLA JUGOSLAVIA
1) Art. 2 punto 1: rientrano in questa categoria tutti i beni, diritti e interessi, le partecipazioni dirette o indirette comprese, situate nel territorio jugoslavo d’ante guerra o sul territorio ceduto e avendo appartenuto a delle persone fisiche o morali italiane, che sono state sottomesse alla nazionalizzazione, alla riforma agraria, a tutte le altre misure di carattere generale limitanti la proprietà o a misure previste all’articolo 7 dell’Accordo del 23 maggio 1949.
In base all’accordo del 1949, gli espropri, debitamente documentati, dovevano essere avvenuti al entro il 23 dicembre 1950 o al più (secondo gli avv. Papa e Sosić) fino al 2 marzo 1951, data dell’adozione del Codice penale jugoslavo. (Importo complessivo provvisorio 72 milioni di dollari).

2) Art. 2 punto 3: rientrano in questa categoria tutti i beni, diritti e interessi non coperti dalle disposizioni dei paragrafi 1 e 2 del presente articolo ma che sono stati portati dal Governo italiano o dalla Delegazione italiana alla Commissione mista, ad eccezione di quelli di cui la detta Commissione Mista ha riconosciuto, di comune accordo, che non ricadono nell’accordo di Belgrado del 23 maggio 1949. (Anche questi indennizzi rientrano nei citati 72 milioni di dollari).

3) Art. 2 allinea 13 e art. 3: rientrano in questa categoria tutti i beni passati o liquidati in esecuzione dell’art. 79, paragrafo 3, del Trattato di Parigi (si veda anche il paragrafo 8 dell’Allegato B dell’Accordo del 23 dicembre 1950 riguardante il regolamento delle obbligazioni reciproche di carattere economico e finanziario). Per essi il Governo jugoslavo si è impegnato a consegnare gli elenchi entro il 31 marzo 1955. In realtà i termini per il completamento delle liste vennero prorogati con l’Accordo di Roma del 3 luglio 1965. (Gli indennizzi rientrano nei 2 milioni seicentomila dollari di cui all'Accordo di Roma del 1965).

4) Art. 2 punto 2 lettera a): rientrano in questa categoria i beni delle persone che hanno presentato dichiarazione di vendita in virtù dell'art 6 della legge 5 dicembre 1949, n.1064 entro il 5 ottobre 1954 e la cui opzione per la nazionalità italiana è stata riconosciuta dai due Governi entro il 18 dicembre 1954, o, in applicazione della lettera A allegata all’accordo, con comunicazione inoltrata dal Governo italiano al Governo jugoslavo al massimo entro il 31 marzo 1955. (Gli indennizzi rientrano nei citati 72 milioni di dollari). «Tous les bien, droits et intérêts situés sur le territoire yougoslave et appartenant à des personnes dont l'option pour la nationalité à été reconnue par les deux Gouvernement ou serà reconue en application de la lettere A annexée au presenta Accord, quelle que sont la situation juridique de tels biens droits et intérêts». Ovvero: «Tutti i beni, diritti e interessi situati nel territorio jugoslavo e appartenenti a persone la cui opzione per la nazionalità è stata riconosciuta da entrambi i Governi o sarà riconosciuta in applicazione della lettera A allegata al presente Accordo, qualunque sia la situazione giuridica di tali diritti di proprietà e interessi».

5) Art. 2 punto 2 lettera b): rientrano i beni ai cui proprietari l'opzione è stata accolta da tutti e due i Governi ma che non hanno presentato la dichiarazione di vendita entro il 5 ottobre 1954. La decisione in merito viene rimandata a un ulteriore accordo fra i due Governi, intanto restano congelati. «toutefois, la question, si les biens libres situés sur le territoire yugoslave et appartenet a dès personnes dont l'option pour la nationalité à été reconnue par les deux Gouvernements et pour lesquels les proprietaires n'ont pas présenté jusqu'au 5 octobre 1954 la déclaration de vente (dichiarazione di vendita) sont couvert par la lettre a) du present paragrafe, sera réglé par un accord ulterieur entre les deux Gouvernement. Le statut actuel de la propriété des biens mentionnés dans la lettre b) du présent paragraphe ne pourra pas être modifié jusqu'à la conclusion de cet accord ultérieur». Ovvero: «Tuttavia, la questione se la proprietà libera situata sul territorio jugoslavo appartenga a persone la cui opzione per la nazionalità è stata riconosciuta dai due Governi e per le quali i proprietari non hanno presentato fino al 5 ottobre 1954 la dichiarazione di vendita (dichiarazione di vendita ) rientrano nella lettera a) del presente comma, sarà regolata mediante un successivo accordo tra i due Governi. L'attuale stato di proprietà dei beni di cui alla lettera b) del presente paragrafo non potrà essere modificato fino alla conclusione del presente successivo accordo».
Si tratta dei beni ceduti alla Jugoslavia con l'Accordo di Roma del 5 luglio 1965 (DPR 10 gennaio 1966, n. 575), che regola in via definitiva l'Accordo di Belgrado e che all'art. 1 recita: «Les biens libres situés sur le territoire yougoslave dont à l'art. 2, paragraphe 2, lettre b) sont cosidérés comme définitivément acquis par la République Socialiste Federative de Yougoslavie, excepetion fatie par les biens induqués a L'Anexe “A)” du présent Accord, qui restent en propriété des optants dans le cadre de la législation yougoslave». Ovvero: «Le proprietà libere situate sul territorio jugoslavo, di cui all'art. 2, comma 2, lettera b) si considerano acquisite a titolo definitivo dalla Repubblica Socialista Federativa di Jugoslavia, ad eccezione dei beni compresi nell'allegato “A)” del presente Accordo, che restano di proprietà degli optanti nell'ambito della legislazione jugoslava».

CONCLUSIONI

E che dire dei beni degli esuli la cui opzione non era stata accolta dai due Governi entro il 31 marzo 1955? Ricadono nella seconda parte dell'allinea 10 dell'articolo 2, che nella prima parte puntualizza: «Tutti i beni, diritti e interessi specificati in questo articolo, divengono in virtù di questo Accordo proprietà della Repubblica Popolare Federativa di Jugoslavia, se non lo sono divenuti in virtù d’un titolo anteriore (...)».
Mentre la seconda specifica: «I beni italiani non coperti dal presente articolo godranno del trattamento accordato dalla legislazione jugoslava (n.d.r'. oggi croata)». Per maggiore chiarezza anche in questo caso riporto il passo in lingua originale: «Les biens italiens non couverts par le présent article jouiront du traitement accordé par la législation yougoslave» (art. 2, seconda parte dell’allinea 10 dell’Accordo di Belgrado del 1954).
Merita evidenziare che il disposto rispecchia quanto previsto per i beni dei cittadini italiani permanentemente residenti nei territori ceduti, dall’allegato XIV comma 9 del Trattato di pace di Parigi del 1947, anche se non viene richiamato. Al fine di facilitare il confronto riporto il testo dell’Allegato XIV sia nella versione originale inglese che in italiano: «The property, rights and interests of Italian nationals permanently resident in the ceded territories at the coming into force of the present Treaty shall, provided they have been lawfully acquired, be respected on a basis of equality with the rights of nationals of the Successor State”, ovvero: “I beni, diritti ed interessi di cittadini italiani permanentemente residenti nei territori ceduti alla data dell’entrata in vigore del presente Trattato, premesso che erano acquisiti legalmente, saranno rispettati nella misura medesima di quelli dei cittadini dello Stato successore».
Sfuggono le ragioni in base alle quali i beni degli optanti rientranti nella seconda parte dell'allinea 10 dell'accordo di Belgrado del 18 dicembre 1954 non sono stati presi in considerazione né dalla Commissione Mista composta dal Ministero degli Affari Esteri (MAE) e la Federazione degli Esuli Istriani, Fiumani e Dalmati (nota come 'Commissione Leanza'), né dalla la Commissione 'Maresca' (istituita da Regione Friuli Venezia Giulia, Provincia e Comune di Trieste). Peraltro incomprensibilmente le due Commissioni non parlano tout court del doppio riconoscimento  delle opzioni dell'accordo Ivekovic Sforza  e della legge del 1957 che le rendeva inoperanti in caso di mancata trascrizione. Con ciò non hanno messo in evidenza che i decreti jugoslavi/croati di nazionalizzazione riportano solo l'atto di accoglimento jugoslavo dell'opzione e non anche il suo recepimento da parte dell'Italia.
Richiamo da ultimo la risposta del vice ministro degli Affari Esteri Cirielli nella seduta del 13 giugno 2024 in merito all'interrogazione del senatore Roberto Menia «sulla tutela della proprietà dei cittadini italiani, esuli istriani, da parte delle Repubbliche di Croazia e di Slovenia» presentata nella seduta n. 172 del 21/03/2024. Rispetto al doppio riconoscimento precisa: «La lettera A dello scambio di lettere del 1954, invece, affronta la questione delle domande di opzione non riconosciute da ambo le parti e prevede l'impegno della Jugoslavia a riconoscere le richieste di acquisizione della nazionalità italiana che l'Italia avesse deciso di accogliere e di cui avesse dato comunicazione alla controparte entro il 31 marzo 1955 (e conseguente rigetto delle richieste non conformi alle modalità ora descritte)».
Trovo per contro superflua la puntualizzazione «... in relazione alle domande di opzione non riconosciute sia dall'Italia, sia dalla Jugoslavia, l'accordo del 1965 non disciplina aspetti relativi al diritto di opzione per quanto riguarda la parte italiana». Ribadisco che l'accordo di Roma non aveva motivo per entrare nel merito poiché la questione era già stata risolta nel '54 a Belgrado, con il passaggio sotto la legislazione jugoslava delle proprietà di quei cittadini (art. 2, allinea 10, seconda parte).
Visto che il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale è a conoscenza del fatto che sono 'assai sporadici i casi relativi a beni immobili oggetto di controversie', chiedo a mia volta cosa intende fare per tutelare i diritti dei cittadini italiani esuli nel nome dell'italianità e della libertà?
Ringrazio vivamente il senatore Roberto Menia per aver portato all'attenzione del Ministero degli Affari esteri questa triste pagina di storia che ancora attanaglia cittadini italiani e i loro discendenti, discriminati per la loro nazionalità italiana. Personalmente sto battagliando da 25 anni contro la nazionalizzazione di una proprietà sita a Neresine, isola di Lussino, peraltro operata tardivamente nel giugno 1999, quando da tre anni la Croazia aveva abolito le leggi sulla nazionalizzazione. Per inciso, si trova tutta nell'elenco “A” dell'accordo di Roma, ma questa è un'altra storia che mi riservo di affrontare.

ALLEGATI

A titolo di esempio si vedano gli allegati nn. 1, 2, 3.
Il primo è una nota datata 12 maggio 1960 dell'Ufficio Anagrafe del Comune di Venezia indirizzata alla signora Eugenia Camali (è un refuso, si tratta di mio nonno Eugenio Camali) a mezzo della quale è invitata a presentarsi all'Ufficio Anagrafe - cancello n. 5 - con il decreto di opzione a suo tempo rilasciato dall'Autorità Jugoslava, precisando che: «tale decreto per essere valido a tutti gli effetti deve essere trascritto nei registri di Stato Civile previo nulla osta del Ministero. La mancata trascrizione non rende operante l'opzione».
Il secondo documento è la comunicazione della Prefettura di Venezia al Comune di Venezia del nulla osta del Ministero dell'Interno per la trascrizione nel registro comunale dell'opzione di Spiridione Lucchi (mio padre).
Il terzo documento è datato 1 febbraio 1961 ed è l'atto di trascrizione dell'opzione di Spiridione Lucchi da parte dell'Ufficiale di Stato Civile del Comune di Venezia nel registro “ATTI DI CITTADINANZA – OPZIONI - A” a seguito del nulla osta rilasciato dal Ministero dell'Interno in data 28 settembre 1960. La sua opzione risulta resa presso il Consolato di Jugoslavia a Milano l'1/agosto 1948. Mio padre era domiciliato al Lido di Venezia sin dal febbraio 1947.

Allegato 1 

 Allegato 2

Allegato 3

 

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