di Carmen Palazzolo
Giovedì, 24 febbraio 2019, all’Associazione delle Comunità Istriane di Trieste la storica Silva Bon, studiosa della questione ebraica, ha tenuto una conferenza sulla persecuzione ebraica a Trieste nel periodo 1938/1945. È un argomento che le è particolarmente congeniale e che ha approfondito perché è stato quello della sua tesi di laurea, che in seguito è stata pubblicata.
L’evento era eccezionale perché gli esuli giuliano-dalmati, per tanti anni chiusi nella sofferenza del proprio esilio, non si sono occupati dei dolori degli altri. Ma è tempo di allargare l’orizzonte, perché anche altri hanno sofferto esilio e persecuzioni. Fra questi c’è indubbiamente il popolo ebraico, da sempre esule e perseguitato. È questo il motivo che ha indotto la commissione cultura dell’Associazione a invitare la socia Silva Bon a parlare del suddetto argomento.
Erano presenti anche Mauro Tabor, assessore alla Cultura della Comunità ebraica, e Livio Vasieri, assessore ai Beni Culturali della Comunità ebraica che, venuti a conoscenza dell’iniziativa, si sono dimostrati vivamente interessati ad essa e hanno voluto parteciparvi.
Dopo i saluti della vicepresidente Manuela Cerebuc, interviene l’assessore Tabor, che dichiara che nemmeno loro hanno mai aderito finora alle celebrazioni per il Giorno del Ricordo delle Foibe e dell’Esodo ma promette che cercheranno di organizzare qualcosa nell’avvenire.
Prende infine la parola Silva Bon, che illustra il suo discorso con la presentazione e il commento di una serie di immagini.
A Trieste – dice la relatrice – gli ebrei esistevano già nel Medioevo e il loro numero salì a 700 quando gli imperatori d’Austria emanarono la “patente di tolleranza”, documento promulgato nel 1781, col quale si concedeva ai non cristiani di avere una piena libertà nell'esercizio del culto della loro religione. “Non fu liberalità religiosa – precisa l’assessore Vasieri – ma convenienza economica perché in realtà l’imperatrice Maria Teresa era antiebraica”.
Gli ebrei si inserirono così profondamente nella vita economica della città che loro membri fondarono le Assicurazioni Generali, la RAS, il quotidiano Il Piccolo, presero parte all’Irredentismo, combatterono durante la prima Guerra mondiale, per cui si può affermare che negli anni Venti del XX secolo essi erano parte attiva della vita sociale, culturale ed economica della città.
Ma la Comunità ebraica di Trieste fu pure sensibile nei confronti dei correligionari, perché diede un valido aiuto a quanti giungevano a Trieste per imbarcarsi alla volta della Palestina dall’Europa orientale, in fuga dai pogrom russi e polacchi fino agli anni ’30 e, dopo l’avvento del nazismo nel 1933, da tutti i territori occupati da Hitler, tanto che la città venne denominata “Porta di Sion”. Trieste, e in misura minore Fiume, era infatti il porto italiano dal quale salpavano le navi che facevano rotta verso il Levante.
Per provvedere ai bisogni e organizzare la massa delle persone in fuga venne costituito il Comitato Assistenza Emigranti Ebrei.
Ma – continua la prof. Bon – è il 1938 che può essere definito l’annus horribilis, perché è l’anno della promulgazione delle leggi razziali, che Benito Mussolini fece proprio dalla piazza dell’Unità d’ Italia di Trieste. Lo precedette il censimento di tutti gli ebrei della città che – Silva Bon ci tiene a precisarlo – si basava non sulla professione religiosa ma sull’appartenenza razziale. In seguito a questo censimento, risultò che gli ebrei viventi in Italia erano 40.000, quelli residenti a Fiume 1.800, quelli abitanti nelle province di Trieste, Gorizia e Pola 5.400.
Il censimento diede il via a una serie di provvedimenti nei confronti degli appartenenti alla razza ebraica come l’espropriazione dei beni, il divieto di matrimoni misti, di prestare servizio militare o come domestici presso famiglie non ebree, di essere dipendenti di amministrazioni, enti o istituti pubblici, banche di interesse nazionale o imprese private di assicurazione; quindi anche di insegnare e frequentare le scuole di ogni ordine e grado.
Gli ebrei erano considerati dei nemici. Comparvero così scritte ingiuriose su di loro sulle mura esterne della Sinagoga e su altri edifici quali: OGNI EBREO UNA SPIA – VIETATO L’INGRESSO A CANI ED EBREI - … Poi anche la Sinagoga nel 1942 fu messa a soqquadro da una banda di squadristi.
E non fu che l’avvio ai campi di detenzione e all’eliminazione fisica delle persone.
L’esposizione di questi contenuti è stata resa più chiara e suggestiva con la proiezione di immagini, delle quali particolarmente impressa mi è rimasta la piazza dell’Unità d’Italia gremita di persone acclamanti il duce alla proclamazione delle leggi razziali; la Sinagoga semidistrutta in cui si scorge un grande menorah, il candelabro ebraico a sette bracci, spiantato e con dei bracci contorti e altri mancanti; le immagini delle ragazze che non potevano più frequentare la scuola.
A Trieste le leggi razziali furono abrogate nel giugno 1945 dal Governo Militare Alleato.