Lettera aperta dell'Ordine dei Giornalisti Regionali
“L’incondizionata libertà di stampa non può essere oggetto di insidie volte a fiaccarne la piena autonomia e a ridurre il ruolo del giornalismo”: parola di Sergio Mattarella, Presidente della Repubblica.
È tornata di attualità la proposta di abolire l’Ordine dei giornalisti. Facendo nostre le affermazioni del Capo dello Stato e in sintonia con gli argomenti espressi dal presidente dell’Ordine Nazionale Carlo Verna, i presidenti e i vice presidenti degli Ordini regionali dei giornalisti ribadiscono le ragioni ed i valori che hanno portato il Parlamento ad istituire l’Ordine dei giornalisti, in applicazione di un principio che trova fondamento nella nostra Costituzione. Cosa è in gioco? Non la difesa di un organismo corporativo. Ma innanzitutto il diritto dei cittadini ad essere correttamente informati. Difendiamo la necessità di un soggetto pubblico chiamato a tutelare i principi deontologici e a vigilare sul rispetto delle regole per garantire una informazione veritiera e di qualità. Non può esistere libertà di stampa senza responsabilità di stampa.
Ripetutamente, negli anni scorsi, dall’Ordine dei giornalisti sono state avanzate proposte di riforma che sono naufragate, purtroppo, in Parlamento. Nella scorsa legislatura, su iniziativa dei giornalisti, si è riusciti a conquistare una prima, seppur parziale, riforma della governance dell’Ordine. Ora questo lavoro va completato. Difendiamo l’idea e l’urgenza di una riforma profonda dell’attuale legge istitutiva dell’Ordine, risalente al 3 febbraio 1963, che sia capace di guardare al futuro e di declinare l’informazione con i nuovi linguaggi di un mondo che è radicalmente cambiato. Chi è interessato a fermare il cambiamento? Senza vigilanza deontologica, senza un sistema condiviso di regole, senza una adeguata formazione ed un continuo aggiornamento professionale, senza un Ordine, gli unici ordini ai quali saranno sottoposti gli operatori dell’informazioni saranno quelli della proprietà dei giornali e dei potentati economici e politici. Una prospettiva a detrimento della libertà di stampa, del pluralismo, della democrazia, di un patrimonio che appartiene all’intero Paese.