Su mons. Antonio Angeli ben poco è stato scritto dopo la sua morte (1971, era nato nel 1894 a Pirano), e in quelle occasioni in cui si è scritto lo si è fatto in maniera occasionale senza alcun approfondimento. Anche (“La Voce di San Giorgio” 3,1971) e soprattutto “Vita Nuova” (8-10-1971) nel riportare intero l’elogio funebre del vescovo Santin nell’elencare la bibliografia resta incerta e incompleta.
Certo meritano più attenzione gli interventi in varie circostanze del periodico della comunità opitergina “Il Dialogo” compilati da suoi scolari, ammiratori e amici quali vibranti testimonianze di un discepolato che mons. Angeli aveva saputo farsi nei vent’anni trascorsi a Oderzo. Di Oderzo parla con pagine suggestive lo scrittore Ulderico Bernardi nella sua Città sul fiume (2003), lasciando un ritratto fisico e spirituale di un intellettuale ecclesiastico a tutto tondo:
“Le figure più eminenti tra i profughi erano due preti. Monsignor Chiavalon e Monsignor Antonio Angeli. Erano stati parroci, in Istria. L’uno a Dignano, l’altro a Pola. Quest’ultimo, nativo di Pirano d’Istria, era un uomo di grande cultura, con la sensibilità di un poeta e la tensione mistica d’un vero religioso. Un intellettuale, che aveva compiuto i suoi studi e ottenuto le lauree in filosofia e in scienze sociali. Insegnerà a lungo nel Collegio della città che lo accolse, l’uno gestito da preti e l’altro da suore, entrambi vanto della nostra città di Oderzo. Anche all’aspetto si riconosceva lo svagato uomo di cultura. Sempre dietro ai suoi pensieri, e noncurante delle vanità. Al momento dell’esodo, Monsignor Angeli aveva poco più di cinquant’anni. La lunga veste nera non aveva nessuna ricercatezza, anzi, era lisa sul bordo delle tasche e lustra sulle spalle. Aveva capelli pepe e sale, folti, che spuntavano dal tricorno col batuffolo serico sul colmo. Ma più spesso era a capo scoperto, come gli facesse piacere che il vento giocasse a scompigliargli la riga, restituendogli l’aria da ragazzo. Sul volto scarno, un’ombra permanente di malinconia”.