Il chersino che un secolo fa insegnava agli italiani come si scrive in italiano
Giovanni Moise nacque a Cherso nel 1820. La sua era una famiglia agiata e di antica nobiltà, ottenuta per il contributo dato alla vittoria in occasione della battaglia di Lepanto. Visse per tutta la vita nella cittadina natia fra le pareti dell’avito palazzotto rinascimentale dedicandosi agli impegni che la sua condizione di abate richiedeva e soprattutto ai prediletti studi filologici e letterari. Egli poté dedicarsi agli studi prediletti fra le pareti domestiche in quanto la sua casa era dotata di una poderosa ed aggiornatissima biblioteca. Ogni anno, in autunno, egli intraprendeva comunque un viaggio per l’Italia e per l’Europa per conoscere il mondo ed aggiornare ed approfondire la sua cultura consultando antiche rarità ed opere inedite.
E’ noto per la “Grammatica della lingua italiana”, che iniziò a compilare a 26 anni, nel 1846, e che diede alle stampe a Venezia dopo 21 anni di lavoro, nel 1867. Si tratta di un’opera poderosa, in 3 volumi, di ortoepia, ortografia, etimologia e sintassi che comprendeva, oltre al testo, una quantità di note e citazioni di autori che la rendevano preziosissima per la consultazione. Ardì addirittura di cambiare l’ortografia ormai consacrata dall’uso. La critica e la cultura italiane lodarono unanimemente la completezza dell’opera ma furono anche unanimi nel ritenere stravagante l’ortografia usata e sostenuta, non perché errata ma perché sorpassata dall’uso.
Il Moise fece tesoro della gran messe di giudizi e pareri raccolta ma si ostinò comunque a ritenersi l’unico nel giusto. Ci vollero 9 anni perché cedesse al parere della stragrande maggioranza dei critici e rivedesse la sua opera, che uscì finalmente nel 1878 a Firenze, riveduta ed ampliata e con l’ortografia di uso generale. Il volume, di più di 1.000 pagine, era dotato anche di un “Repertorio” completo in ordine alfabetico per agevolarne la consultazione. Era la grammatica “grande”, dedicata a studiosi e maestri di lingua. Nel 1874 egli ne diede però alle stampe un’altra, dedicata agli studenti e che chiamò “grammatichetta”, andò a ruba e fu ristampata nel 1881 e, postuma, nel 1889. A richiesta di molti professori e licei di ogni parte d’Italia, nel 1884 pubblicò poi anche quella che potremmo definire la ”grammatica di mezzo”, che intitolò ”Regole ed osservazioni della lingua italiana proposte ai giovinetti studiosi”.
Scrisse poche altre cose come, quando era ancora giovanetto, “Regole d’l giuoco d’l quintilio” e “La vita della serva di Dio Suor Giacoma Giorgia” e “L’esercizio quotidiano di devozione per la sposa di Gesù…“ scritti, gli ultimi due, per le Suore Benedettine di Cherso e a loro richiesta. Curò inoltre dal 1873 alla morte, con lo pseudonimo di Caio Baccelli, la pubblicazione delle “Strenne Istriane”, libretti diffusi fra tutto il mondo culturale dell’epoca che raccoglievano almanacchi, novelle, amenità, dialoghi sulla lingua, racconti dei suoi viaggi,… ma non sono, assolutamente, opere del valore e significato della grammatica.
Morì a Cherso nel 1888.
Carmen Palazzolo