di Anna Piccioni
Noi, adulti, sicuri del mondo rimaniamo impotenti, stupiti davanti alla tragicità della narrazione. Essere adulto significa prevedere le conseguenze delle nostre azioni. Ormai troppo presi dal nostro spietato egoismo non ci rendiamo conto che stiamo perdendo il contatto con la realtà.
Vivo ogni giorno a contatto con adolescenti a cui cerco di far piacere la conoscenza, l'importanza della cultura, del sapere: senza cultura non c'è bellezza! Cerco di svegliare in loro la curiosità, raccontando storie non molto lontane nel tempo, ma nella generazione che non ha né ieri né domani, definita la generazione dell'hic e nunc, è difficile sfondare, aprirsi un varco. Non hanno curiosità per la formazione culturale, manca interesse: cosa mi cambia conoscere la storia, la letteratura, la poesia. Non voglio generalizzare dicendo che tutto va male, ma quando sei insegnante ed educatore non ti arrendi ed è una sconfitta abbandonare indietro quelli che si ostinano a non volere seguire.
Non c'entra da quale contesto familiare provengano, a volte l'umiltà è molto dignitosa e famiglie “disturbate” si trovano ad ogni livello sociale. Sono adolescenti soli, convinti di saper gestire la loro autonomia troppo presto acquisita. Sono adolescenti abbandonati a loro stessi con responsabilità che non sanno gestire. Quindicenni sedicenni e ancora più giovani trovano nel branco quel conforto e sostegno che gli adulti non sanno dare perché anche gli adulti sono fragili insicuri.
Questi adolescenti permanentemente connessi con un mondo virtuale perdono il contatto con la realtà. Giovani e adulti si muovono in una società che ormai ha perso il ruolo protettivo, educativo, e anche punitivo, che prepara al domani.
Con i loro atteggiamenti di sfida, a volte arroganti, nelle loro battute rivelano solo una immensa fragilità: ”una stupida battuta anche volgare mi fa conquistare la risata e la complicità del compagno di banco”, ora conto anch'io!
Una generazione di adolescenti in cui il tutto e subito ha soppiantato l'attesa, l'emozione dell'attesa, il merito. Una generazione che tuttavia crediamo debba trovare una sua collocazione. Perciò credo che siamo noi adulti che dobbiamo cambiare le nostre categorie di valutazione per capire i loro valori: saper leggere gli atteggiamenti di sfida e di sfiducia; perché mai dovrebbero crederci! Noi adulti così fragili, così insicuri, così sospesi, così impotenti, corriamo dietro al “canto delle Sirene”, dell'apparire, dell'avere. Come possiamo insegnare a sognare se ormai abbiamo perso la forza del sogno, ma dobbiamo trovare la chiave e forse nonostante tutto un giorno ce la faranno!