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dei liberi pensatori

di Rita Muscardin

Profilo storico e diffusione

Fu Graziadio Ascoli, colui che fondò la glottologia nella seconda metà del XIX secolo, a coniare il termine “istrioto”, riferendosi alle popolazioni ladine che popolavano l’Istria in epoca romana.
Secondo il linguista Matteo Bartoli, la lingua istriota trova le sue origini nella scelta di Ottaviano Augusto di far stabilire nel territorio di Pola che si estendeva dal Canal di Leme all’Arsa, i veterani del suo esercito vittorioso. Questi soldati legionari, provenienti per la maggior parte dall’Abruzzo e dalla Puglia, si mescolarono agli Illiri (o veneto-illirici denominati Histri) autoctoni dell’Istria e del Quarnero e diedero così origine al popolo ed alla cultura istriota dell’Istria meridionale.

Uno storico, Bernardo Benussi, notò che il dialetto istriano presentava numerosi elementi di contatto con l’abruzzese ed il tarentino e perciò arrivò ad ipotizzare che questa somiglianza derivasse dai coloni romani che Augusto decise di insediare nella colonia di Pola ed originari dell’Italia meridionale. Questa teoria pare essere confortata dalla presenza, solo nella zona dell’ex agro romano di Pola, delle caratteristiche costruzioni in pietra a pianta circolare costruite a secco dai contadini istriani, chiamate “casite” e molto simili ai trulli pugliesi.

L’impronta romanza di questo dialetto neolatino dai nomi di alcuni animali domestici.

Il carattere spiccatamente romanzo di questo antico dialetto neolatino, risulta evidente se si effettua una rapida rassegna dei nomi degli animali domestici nei dialetti istrioti dell’Istria sud-occidentale. La parola “Animal,-is”, sostantivo neutro della terza declinazione si è conservato nei dialetti istrioti nelle forme “anamal, anemal” cambiando di genere in quanto il neutro è stato eliminato dalla lingua ed è stato fatto confluire nel maschile, come anche il suo plurale “Animalia,-ium” diventato anamai, anemai, animai (pl.m.), conservato nella forma “anamalia” nel rovignese. Per quanto riguarda la parola “Bestia, -ae” (che indica gli animali allevati per l’agricoltura e l’alimentazione), sostantivo femminile della prima declinazione latina e la parola latina medioevale “Bestiamen,-is”, esse si sono mantenute nei dialetti istrioti per indicare la bestia e il bestiame. Altro esempio è lo zoonimo latino “Asinus,-i”, sostantivo maschile della seconda declinazione, si è conservato nel vallese nella forma “aseno”, mentre è molto più in uso in tutti i dialetti istrioti la forma “samer, samerul, samier” indicante l’asino o animale da soma, derivante dal latino volgare sagmarium. La vacca da latte o mucca viene così chiamata nei dialetti istrioti: nel rovignese “ar’menta”, nel vallese, dignanese, gallesanese, fasanese e sissanese “ ‘vaka”. La parola vacca, che indica la femmina adulta del bue deriva dal latino “Vacca” ed è panromanza. Il bue, il maschio dei bovini, castrato per essere utilizzato come animale da lavoro e da macello, viene così denominato nelle parlate istriote: nel rovignese, vallese, dignanese, gallesanese e sissanese “manzo”, nel fasanese “man ‘o”. La parola bue deriva dal latino “Bos, Bovis”, panromanzo, questo sostantivo maschile della terza declinazione si è conservato soltanto nell’antico dignanese nella forma “bou”.

(... continua ...)

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