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Recensione di Silva Bon

         Sta procedendo l’impegnativo progetto di don Vincenzo Mercante di monitorare la persecuzione della Chiesa cattolica, programmata ed attuata nel secondo dopoguerra nei Paesi dell’Est Europa, dominati da regimi comunisti.

         Il progetto di vasto respiro si è in parte concretizzato molto di recente: è del 2018 la edizione di Il cardinale Alojzjo Stepinac nella Croazia degli Ustascia e nella Jugoslavia di Tito; nel 2019 sono usciti, prima del presente volume, Il cardinal József Mindszenty e la rivolta di Budapest del 1956 e ancora Albania terra di sangue. Dallo schiavismo turco alla ferocia di Enver Hoxha, tutti per i tipi di Luglio Editore.

       Per il momento, l’ultimo volume è appunto questo, che parla della Romania al tempo di Nicolae Ceauşescu e descrive in termini realistici la crudele repressione di ogni idealità spirituale, e in particolare il Martirio della Chiesa greco-cattolica.

         Anche quest’ultimo lavoro è un testo di storia contemporaneo agile e facilmente leggibile, fondato sullo studio e l’analisi di fonti edite a stampa di provenienze diverse, tali da assicurare la scientificità interpretativa dell’opera.

Infatti questa ultima fatica di don Vincenzo Mercante si presenta come un’opera di alta sintesi e di voluta e consapevole divulgazione, perché intende coprire alcune lacune vistose nella cultura diffusa non specialistica a proposito dei fatti storici più lontani e recenti, che hanno coinvolto la Romania.

I primi quattro capitoli parlano della storia secolare di questo territorio a partire dalla conquista romana del 106 dopo Cristo, che costituisce la provincia della Dacia. E appunto nel sapere comune la Romania è nota come isola linguistica, dove la popolazione ha mantenuto la parlata neolatina, sopravvissuta in mezzo a un mare di lingue slave, proprie dei paesi contermini.

La storia del Novecento parla della Grande Romania, dopo lo smantellamento dell’impero asburgico e la rivoluzione russa, che permettono al re Ferdinando I Hohenzollern di recuperare la Transilvania, il Banato, la Dobrugia e la Bessarabia, raddoppiando il territorio e la popolazione, costituita però per circa un quarto da varie minoranze etniche e religiose, come l’ungherese, l’ebraica, l’ucraina, la tedesca.

La crisi economica del 1929 favorisce lo sviluppo del movimento delle Guardie di Ferro, di ispirazione fascista, che instaura nel Paese un clima di crescente tensione, facendo scivolare la Romania nell’orbita della Germania hitleriana.

Allo scoppio del secondo conflitto mondiale, dopo una prima dichiarazione di neutralità, segue la firma di un patto tripartito con Germania e Italia da parte del generale filonazista Antonescu; questo patto obbliga l’armata romena a seguire tedeschi e italiani nell’invasione dell’Unione Sovietica. 

Impadronitosi del potere nel 1945, il Fronte Nazionale Democratico impone lo scioglimento dei partiti, la proclamazione della Repubblica popolare, la nazionalizzazione delle imprese, la collettivizzazione dell’agricoltura. E sul piano internazionale l’entrata nel Comecon e l’adesione al Patto di Varsavia. Seguono vari leaders finché nel 1964 si insedia al governo con un nuovo gruppo dirigente il segretario del partito unico comunista Nicolae Ceauşescu con un largo programma di crescita nazionalistica. Ceauşescu rimane al potere fino alla caduta del comunismo reale nel 1989 e instaura un regime di velleitaria grandeur, che copre la fame e la miseria e l’elevatissimo debito pubblico interno con opere dispendiose di modernizzazione forzata e spese personali degne di un dittatore megalomane.

Sul piano religioso viene proclamato l’ateismo di stato e vengono perseguitati in particolare i fedeli e i religiosi della Chiesa greco-cattolica, o uniate, chiamata così per l’unione con la Chiesa cattolica di Roma.

Su questo problema si incentra il discorso di ricostruzione storica dettagliata e puntuale di don Vincenzo Mercante, che dopo aver esaminato le peculiarità delle Chiese sottomesse al potere comunista, passa ad enumerare gli eroi e i martiri greco-cattolici che subiscono la pratica della tortura per anni, a volte fino alla morte, ma rimangono fedeli ai loro dettami e principi religiosi.

Sono le testimonianze inconfutabili di Marius Oprea e dell’indomito vescovo greco-cattolico Ioan Ploscaru a descrivere nei dettagli orridi e traumatizzanti lo stato di una Nazione travolta dal terrore rosso, dove le carceri e i luoghi di tortura tristemente famosi come Sighet, prigione infernale, parlano di atti disumani, violenti, umilianti, degradanti, pratiche continue di torture fisiche e psicologiche spaventevoli, che però non piegano lo spirito dei martiri.

Oggi in Italia e a Trieste il gruppo rumeno è rappresentato da una folta schiera di lavoratori, uomini e donne. Sono soprattutto le badanti che entrano nelle nostre case, lasciando molto spesso là, in Romania, la loro famiglia, marito, figli, anche piccoli che crescono deprivati dell’amore materno. Spesso si consumano drammi familiari a distanza.

Conoscere in termini non approssimativi la storia del loro Paese d’origine può essere un modo per sollecitare da parte nostra, in modo intelligente e consapevole, l’integrazione e l’accoglienza di questi uomini e donne. E certamente il libro di don Vincenzo Mercante contribuisce con un importante tassello al filone della costruzione di dialogo e di possibili interrelazioni positive tra persone di nazionalità diversa.

 

Vincenzo Mercante, La Romania di Ceauşescu e il Martirio della Chiesa Greco-Cattolica

Luglio Editore, Trieste 2019, pp. 130, euro 12

 

         

         

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