Recensione di Silva Bon
Veramente impegnativa la sfida che questa volta Elena Blancato ci propone!
Certamente drammatizzare, costruendo una trama narrativa, la vicenda degli operai di Monfalcone, che nel 1947 sono andati in Jugoslavia a costruire il socialismo, non è un’impresa facile o semplice. La complessità della vicenda storica si lega alla rottura del Cominform, quando Stalin sconfessa Tito e la sua politica, in nome dell’internazionalismo operaio. In quel passaggio epocale i comunisti italiani si trovano combattuti tra due spinte: mantenere la fedeltà agli ideali internazionalisti, oppure dichiarare l’adesione al socialismo reale della Repubblica Federativa Jugoslava. Per i dissidenti era pronta la destinazione di Goli Otok.
L’operazione culturale di Elena Blancato diventa un filtro rispetto alla lettura di molte pagine di storia, che lei acquisisce e fa proprie, dissolvendo la pesantezza della materia nella leggerezza della scrittura narrativa. Così, pur basandosi su un’ampia mole di studi storici, di cui dà riscontro nella Bibliografia finale, l’Autrice cerca di immedesimarsi nelle motivazioni, negli stati d’animo, nelle verità dei vari personaggi d’invenzione, che diventano simboli, metafore, delle varie opzioni e scelte ideali e ideologiche: la spinta operaia dei cantierini monfalconesi, più di duemila uomini partiti per la Jugoslavia; il vissuto duro e realistico che li aspetta nel mondo sognato; la presa d’atto di una realtà cruda, molto lontana dalle speranze iniziali; le perplessità e i dubbi versus una fede incrollabile nel movimento comunista; l’adesione o la condanna al/del socialismo di Tito.
Non manca, sullo sfondo, una forte storia d’amore, un amore impossibile da realizzare, perché viene soffocato dalle distanze, Monfalcone – Bosnia – Fiume – Goli Otok, che separano Evelina da Ernesto, e soprattutto dalle dinamiche incrollabili, di un credo rigido, quasi disumano, nel comunismo, che rende l’uomo insensibile a ogni richiamo affettivo.
Elena Blancato non è nuova a questa pratica introspettiva di interpretazione della Storia. Il suo potrebbe essere un lungo racconto o un breve romanzo, se ci fissiamo all’ampiezza del respiro narrativo, in cui sono calati avvenimenti dirompenti, che hanno coinvolto tanti uomini, donne, famiglie, mossi dalle ideologie totalizzanti del Novecento. Ma lo sguardo dell’Autrice è neutro, non giudica nessuno, bensì registra, con grande attenzione e sensibilità, gli stati d’animo, le emozioni, i sentimenti, le paure, le disillusioni, le lacerazioni, le certezze. In questa operazione, propria di uno scrittore, Elena Blancato, mi sembra cresciuta, per la sua capacità di analisi, di introspezione, di lettura dei personaggi costruiti con complessità psicologica e con verità. Con umanità, soprattutto.
Una bella storia che riproduce un’epoca contrastata e drammatica e la propone con semplicità ma con completezza e grande competenza. Un testo da proporre anche ai giovani lettori, che possono accostarsi a una pagina di Storia in modo sintetico e gradevole, bypassando il confronto con tomi più impegnativi e professionali.
Comunque gli slogan, le parole d’ordine, i messaggi politici, le illusioni, gli abbagli, puntualmente riportati dall’Autrice, in conclusione offrono un affresco vero e sincero, un richiamo finale all’umana fratellanza, un invito a vivere vite degne di essere vissute anche attraverso l’impegno e la testimonianza.
Elena Blancato, Noi qui siamo tutti fratelli
Talos Edizioni, Cosenza 2018, pp. 53