di Carmen Palazzolo
Il 10 febbraio di quest’anno (2021) alla celebrazione del Giorno del Ricordo, l’avvocato Paolo Sardos Albertini, nel suo discorso, ha auspicato che alla Foiba di Basovizza si renda onore non solo agli Italiani, ma anche a quanti altri, Sloveni e Croati, avevano parimente subito la violenza ideologica della Rivoluzione titoista. Concludevo testualmente: «Se a questo ricordo comune riterranno di partecipare anche autorità istituzionali delle vicine Repubbliche ben venga.» Lo scorso 13 luglio la visita al Sacrario di Basovizza di due capi di stato, quello italiano e quello sloveno, ha dato realizzazione, parziale, a quell'auspicio. Quella visita si è collocata appunto nel segno di ricordare, qui a questo Sacrario, la tragedia vissuta dai due popoli, italiano e sloveno. Tragedia, peraltro, in comune anche con il popolo croato. Da ciò l'auspicio - condiviso dal Sindaco Roberto Di Piazza - di una presenza futura, a questa Foiba, anche di rappresentanti istituzionali della Repubblica di Croazia.
Ma uomini illuminati già molto prima di oggi esprimevano il medesimo orientamento, che riconosciamo anche nelle parole del defunto on. Lucio Toth e dell’on. Milos Budin nell’ormai lontano 2009.
Riporto integralmente la cronaca che ne feci a quel tempo, perché mi sembra sempre attuale.
Memorie a confronto nel dibattito fra gli on. Lucio Toth e Milos Budin
Le “Memorie” degli Italiani dell’Adriatico Orientale e degli Sloveni sono diverse
ma non dobbiamo costruire un passato comune ma un presente e un futuro comuni
Mercoledì 8 aprile 2009, alla stazione Marittima di Trieste - presenti più di trecento persone, il Prefetto Giuseppe Balsamo, i Sindaci di Trieste Roberto Dipiazza, di Duino Aurisina Giorgio Ret, di San Dorligo della Valle–Dolina Fulvia Premolin, di Sgonico Mirko Sardoc, diversi assessori e rappresentanti di istituzioni cittadine - i senatori Lucio Toth e Milos Budin sono stati intervistati dal direttore de Il Piccolo Paolo Possamai e da quello del Primorski Dnevnik Dusan Udovic sul tema della memoria degli Italiani dell’Adriatico Orientale e degli Sloveni.
Il senatore Lucio Toth è esule da Zara nonché Presidente nazionale dell’Anvgd; il senatore Milos Budin è membro della minoranza slovena di Trieste.
L’idea del dibattito è stata dello Slovenski Klub e dell’ANVGD, ed è stata subito adottata e fatta propria dai quotidiani Il Piccolo e Primorski Dnevnik i cui direttori, Paolo Possamai e Dušan Udovič, l’hanno poi attuata attraverso un’intervista pubblica, durante la quale ai due uomini politici sono state poste domande sui passi concreti ma anche simbolici dei Governi italiano e sloveno che potrebbero portare oggi alla “distensione” dei rapporti fra i due Stati; sul ruolo della Commissione mista di storici che ricercava una storia “condivisa” e sul ruolo dell’UE nella distensione dei rapporti Italia- Slovenia. Ne è uscito un confronto dialettico pacato e d’altissimo livello, che si è svolto in italiano e sloveno con l’ausilio della traduzione simultanea per chi non padroneggia entrambe le lingue.
Nel dibattito si è passati dal racconto delle proprie esperienze personali ai concetti, a partire dalla presentazione dell’incontro da parte di Renzo Codarin che, a dimostrazione di quanto i rapporti fra esuli e minoranza slovena del territorio siano cambiati, narra le sue giovanili esperienze di propaganda politica nei villaggi degli esuli, costruiti sull’altopiano carsico, a ridosso delle aree d’insediamento tradizionali della componente slovena dove, all’epoca - egli ha presente in particolare la situazione di Borgo S. Nazario - l’ostilità degli uni verso gli altri era quasi palpabile. Ora, per la festa del Patrono di Capodistria, S. Nazario, il Presidente della Circoscrizione Altopiano Ovest partecipa alla processione tradizionale e i funzionari sloveni del comune si mobilitano spontaneamente per preparare il luogo alla cerimonia, cose impensabili un tempo.
La mia generazione – afferma l’on. Budin –è nata in tempi in cui il ricordo del fascismo era ancora vivo e condizionava gli atteggiamenti perciò è cresciuta con rabbia e odio. E’ impossibile chiedere a chi ha patito sulla propria pelle lutti e sopraffazioni di cancellare tutto. E’ successo da entrambe le parti ed è fondamentale conoscere le sofferenze dell’altro per poter dare una giusta collocazione e dignità alle proprie e poi tentare il dialogo tra persone che non hanno subìto direttamente i torti della storia.
Oggi le cose sono molto cambiate: il buon senso della conciliazione sta prevalendo e il clima di collaborazione instauratosi fra Italia e Slovenia può essere considerato un modello da imitare su altri confini caldi, ad esempio nei Balcani, dove le ferite sono più recenti, ma l’avvicinamento definitivo potrà avvenire solo con l’ampliarsi dell’Unione Europea.
Il fascismo e le violenze subite durante quel periodo appartengono ormai a un passato che non può tornare e non possono più essere il punto di riferimento per l’identità degli sloveni come il comunismo non può esserlo per quella degli esuli.
Le Memorie degli Italiani dell’Adriatico Orientale e degli Sloveni sono diverse e non si potrà mai arrivare a una memoria condivisa, né conviene forse proporsi questo obiettivo perché non dobbiamo costruirci un passato comune, il passato non può essere comune – avverte Budin – ognuno ha diritto alla propria storia ma possiamo costruire un approccio condiviso nel presente, affinché si possa arrivare a una convivenza convinta nel futuro. Con il passare degli anni – afferma ripetutamente Budin – sono avvenuti profondi cambiamenti e oggi i comportamenti sono più ispirati al buon senso e guardano all’Europa. “Per la mia generazione – ribadisce – mirare all’Europa è un dovere altrimenti siamo condannati all’immobilismo”. E, a commento della complessa rete di rapporti fra gli abitanti di questa terra di confine – che anche Toth mette in evidenza - ricorda l’emblematico gesto di Lovro Kuhar, che durante la prima guerra mondiale passò alle truppe italiane per combattere l’Austria-Ungheria, che non gli permetteva di realizzare uno Stato autonomo sloveno. Ma oggi l’identità non può fondarsi sul nazionalismo. Poco oltre Toth dirà che camminando per le strade di Roma, qualche sera fa, delle diverse coppie incrociate solo due parlavano in italiano, perché viviamo già in una società multilingue e multietnica. Per Budin la via del futuro è la democrazia e va lasciato agli storici il giudizio sul passato e alla politica ad alto livello la soluzione dei contenziosi.
Secondo l’on. Toth fascismo e comunismo non sono gli unici responsabili del male subito da queste terre. La storia di una contrapposizione sofferta, e spesso tragica, inizia con la creazione degli Stati nazionali. Con il sentimento nazionale ottocentesco nasce anche l’odio nei confronti del diverso e un concetto territoriale di conquista e prevaricazione che interi popoli hanno pagato e stanno pagando in Europa. “Non siamo i soli – avverte Toth – ad aver sofferto e questo ci dovrebbe insegnare qualcosa”.
Il rammarico di Toth riguarda anche e soprattutto i silenzi dell’Italia sulla questione dell’esodo.
Per quanto concerne i Governi di Slovenia e Croazia, un atto di distensione potrebbe essere la restituzione – a questo punto del tutto simbolica perché riguarda un numero limitato di casi – dei beni degli esuli ancora in libera disponibilità, anche perché è un argomento di cui fa spesso un uso strumentale chi fomenta le divisioni.
Sul ruolo della Commissione mista, di cui ha fatto parte, il giudizio di Lucio Toth è fermo. Bene hanno fatto a non rendere pubblico il suo lavoro perché avrebbe potuto creare nuove tensioni. L’opera è stata molto delicata anche perché in certi casi si sarebbe dovuto esprimere una condanna verso singoli e gli storici non possono ergersi a giudici. E’ preferibile che il documento sia oggetto di un permanente lavoro di analisi e di ricerca da parte degli studiosi anche in considerazione del fatto che l’allargamento dell’UE apre le porte ad un diverso approccio alle tematiche. Ma il lavoro della Commissione mista ha il merito di aver stimolato l’avvio di studi analoghi in altre parti d’Europa.
Sul futuro Toth è ottimista, perché ritiene che ci siano dei segnali positivi, come l’apertura di un asilo italiano a Zara: un sogno che si sta realizzando in un clima europeista.
Mi sembra che il pensiero di Darija Betocchi, Presidente dello Slovenski Klub, sia la giusta conclusione di questo dibattito e l’augurio da fare ai membri di tutte le minoranze
“Sogno di svegliarmi senza il peso di dovermi interrogare sulla mia appartenenza,
di vivere in un luogo normale,
dove sentirmi serenamente e pienamente a casa”.