di Donatela Oneto
articolo pubblicato sul periodico "Neresine" del giugno 2021 - versione pdf
LA MIA AUSTRIA E NERESINE
Neresine nell’isola di Lussino è luogo di incontro di diverse culture ed etnie che a volte fondendosi e a volte scontrandosi hanno consentito alle famiglie autoctone di maturare esperienze di vita avventurose e particolari che spesso potrebbero costituire materia di romanzo.
Racconto a titolo esemplificativo alcune vicende della mia storia familiare attraverso il filtro dell’Austria a riprova del fatto che le divergenze si possono superare e che i conflitti del passato non devono precludere le occasioni offerte dalla vita senza che sia necessario rinnegare né dimenticare alcunché.
L’INTERNAMENTO DELLE FAMIGLIE ITALIANE DI NERESINE ALLO SCOPPIO DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE
Riporto l’inizio delle memorie di mio nonno Giovanni Menesini pubblicate sul foglio di Neresine di febbraio 2020 :
“Sotto la dominazione austriaca la popolazione di Neresine era divisa in due partiti,il croato e l’italiano .Il partito italiano aveva la maggioranza.
Allo scoppio della guerra dell’Austria coll’Italia nel 1915 vennero subito internate alcune famiglie dei più noti italiani che comprendevano una cinquantina di persone.Alla fine della guerra e dopo circa tre anni di sofferenze nei vari concentramenti della Stiria,queste famiglie poterono trionfanti tornare alle proprie case perché le loro terre erano state annesse all’Italia.Questi internati avevano tutte le possibilità di vendicarsi su quelle persone che erano responsabili del loro internamento ma dimostrarono il loro carattere nobile perdonando a tutto e a tutti così come Cristo perdonò ai suoi crocifissori…”.
Tra le famiglie in questione c’era quella di mia nonna Elisa Camalich (Lisa), nata nel 1906 e finita in campo di concentramento in Austria insieme alla madre,la mia bisnonna Maria Canalettich (Mare) ed alle sorelle Eugenia (Uie) , Domenica (Dume), Maria ed ai fratelli Domenico (Menigo,poi infoibato o comunque sparito dopo essere stato prelevato dai titini alla fine della seconda guerra mondiale) ed Eugenio (Geni).
Il mio bisnonno Eugenio, per una delle tante contraddizioni delle nostre terre,non era stato internato perché al momento della deportazione non era con la sua famiglia a Neresine, ma si trovava con l’esercito austriaco che combatteva contro l’Italia.
La nonna bambina compare con la sua famiglia in tre fotografie:
in quella che rappresenta tutti i deportati dall’Istria alla sinistra di chi guarda è la prima della quinta fila partendo dall’alto;
in una foto di gruppo di deportati in cui sono riconoscibili numerosi membri delle famiglie Bracco e Camalich, fra loro imparentate,è la biondina nella terza fila a partire dall’alto ,alla destra ,per chi guarda, della zia Antonia Camalich in Bracco ,vestita di nero e con uno dei suoi ultimi nati in braccio;
infine,nella foto di famiglia con la scritta “Ricordo dell’internamento Bruck an der Leitha 8 maggio 1917…” è la seconda della fila partendo da sinistra per chi guarda.
La foto rappresenta tutta la famiglia della nonna,che indossa stivali apparentemente adatti a camminare nel fango: sempre partendo da sinistra Menigo,Lisa,Uie,Geni, nonna Mare,Dume e Maria.
Sullo sfondo,con un palese fotomontaggio,compare anche il padre,il bisnonno Eugenio,quasi fosse il Nume Tutelare della famiglia.
IL VIAGGIO DELLA NONNA E LA SUA VITA NEL CAMPO
Gli internati avevano viaggiato in treno chiusi in un carro bestiame. Secondo il racconto della nonna,arrivati a Vienna le porte del vagone si erano aperte ed ai deportati era stato dato il caffellatte.La curiosità della bimba aveva trionfato sulla drammaticità della situazione :la nonna si era affacciata sulla porta aperta del vagone ed aveva ammirato la stazione centrale di Vienna con tanti treni e viaggiatori e persone indaffarate che andavano su e giù per i binari.
Cosa era sembrato quel via vai alla nonna che veniva dalla piccola Neresine e non aveva mai visto nulla del genere!
Era rimasta strabiliata e affascinata ed aveva portato con sé quel ricordo per tutta la vita.
Al termine del viaggio erano però arrivati nel campo di concentramento dove la vita degli internati era dura:in particolare i bambini ,per i quali comunque si era riusciti ad organizzare una sorta di scuola, avevano sofferto il freddo e la fame .
La nonna insieme ad un cuginetto aveva commesso una marachella: le mamme avevano preparato gnocchi col sugo e li avevano incaricati di portarli per ringraziamento alla maestra che viveva dall’altra parte del campo.
I bambini non avevano resistito al profumino che veniva dalla pentola : si erano nascosti ed avevano leccato il sugo da ciascuno degli gnocchi. Avevano poi rovesciato la pentola nella neve e,rimessi gli gnocchi così “ ripuliti” nel contenitore, si erano presentati dalla maestra col desinare ormai poco attraente scusandosi e dicendo di essere inciampati !
NONNO FRANCESCO SUL PASUBIO
Mentre nonna Lisa era internata ,il mio nonno genovese Francesco Oneto,classe 1898,combatteva gli austriaci sul Pasubio per liberare Trento e Trieste,vale a dire combatteva anche per noi istriani .
L’esperienza era stata pesante. Al nonno ogni tanto scappava di dire :“Eh.. il Pasubio,il Pasubio…” come si trattasse della montagna del diavolo e mi accennava a qualche episodio della vita di trincea,parlandomi di giovani sui vent’anni che si erano trovati in mano pezzetti di naso e di lobi di orecchie congelati e di come fosse necessario accucciarsi durante il rancio perché la ciotola di stagno non lampeggiasse al sole indicando la posizione al cecchino nemico.“Quando portano la pagnotta,il cecchino comincia a sparar…” (Ta pum,canto alpino della grande guerra).
Dopo la seconda guerra mondiale il nonno durante una vacanza estiva era tornato sul Pasubio ed in balìa dei ricordi si era messo a cercare fra le rocce le tracce delle munizioni esplose durante il conflitto.
Ad un certo punto si era trovato davanti un turista austriaco più o meno della sua età che stava facendo la stessa cosa. Guardatisi negli occhi , si erano compresi: avevano combattuto tutti e due in quei luoghi in parti avverse,sparandosi addosso reciprocamente.Si erano stretti la mano,poi ognuno era tornato per la sua strada.
Sì, anche quanto accaduto durante la guerra si poteva superare.
EMY E GENI
Il primo membro della mia famiglia a non farsi problemi con gli ex nemici , nonostante l’internamento subito da bambino , è stato il prozio Geni (Eugenio ) Camalich, fidanzatosi con Emy,una bella ragazza austriaca che apparteneva ad una famiglia di pasticceri fiumani.
La seconda guerra mondiale li separò : zio Geni ,partito soldato, alla fine della guerra si trovava in un campo di prigionia inglese in Africa.Ad Emy dissero che Geni era disperso in guerra,a Geni che Emy era morta durante un bombardamento a Fiume.
Quando seppe che l’antica fidanzata non era morta ,Geni già aveva sposato la pittrice spagnola Lola (Dolores)Massieu, i cui quadri sono esposti nel Museo Canario,nel Museo di Arte Moderna di Barcellona e nella sala Prado dell’Ateneo di Madrid (fonte Wikipedia).Dalla moglie zio Geni ha avuto quattro figlie e con lei ha trascorso la vita a Las Palmas de Gran Canaria pur venendo ogni tanto a Neresine .
Emy è rimasta sempre una persona speciale per i suoi mancati parenti .Dopo la seconda guerra mondiale viveva a Vienna dove una sera dei primi anni settanta del secolo scorso la mia famiglia,in viaggio turistico, l’aveva incontrata per cenare insieme,presente anche il suo “amico”,come lei lo chiamava,un fascinoso gentiluomo viennese su cui mia madre mi aveva prevenuto, come ancora usava all’epoca,spiegando sottovoce:”E’ un divorziato!”.
Emy era ancora una signora bella e spiritosa e ci disse che quando il suo amico le aveva chiesto: “chi sono questi italiani coi quali ceniamo questa sera? ” aveva risposto:” non saprei dirti altro se non che sono stata quasi la loro zia!”.
ERICH AD ABBAZIA
Durante la seconda guerra mondiale mio suocero Erich Seiberl,nato a Vienna nel 1923,militava nella Wehrmacht.
Fra i suoi racconti ,uno mi è rimasto impresso: dopo uno dei tanti attentati falliti a Hitler, ad un soldato era sfuggita l’esclamazione “Schade!” (peccato!).Il militare era stato immediatamente arrestato e fucilato seduta stante davanti ai suoi compagni.
Erich aveva combattuto a Stalingrado poco prima dell’assedio: colpito da una scheggia di granata alla spalla era rimasto bloccato per due giorni vicino ad un commilitone morto dissanguato . I suoi compagni erano riusciti a recuperarlo ed era stato riportato in patria,all’ospedale di Vienna .Dopo la convalescenza veniva destinato ad un incarico “leggero” e scorrazzava in moto come portaordini per Abbazia e dintorni.
Per mio suocero Abbazia dopo i combattimenti a Stalingrado era stata veramente il paradiso dopo l’inferno e , sapute le mie origini, magnificava le bellezze del posto:”Abbazia,sì ,meravigliosa.Opatija? Mai sentita,cos’è? Ah,sarebbe Abbazia in croato?Mah,erano tutti italiani,parlavano italiano.Ma davvero quella volta era proprio Italia? Non lo sapevo”. “Ma Erich!Caspiterina!Certo che Abbazia era in Italia!Dove pensavi di essere?” Mio suocero, che cercava soltanto di essere gentile, deve aver sentito una nota di nervosismo nella mia domanda e pensato che era meglio soprassedere.Da consumato diplomatico (è stato prima Viceconsole e poi Console Onorario dell’Austria a Genova) era riuscito a non darmi una risposta continuando peraltro a magnificare le bellezze del luogo e manifestando il suo interesse a venire a Lussino.
Da alcuni anni è deceduto e non ho mai saputo se pensasse che Abbazia fosse Riviera Austriaca ,Stato Libero di Fiume o Jugoslavia o cos’altro.
NONNA LISA E RUDI
Nonna Lisa quando le avevo presentato Rudi (Rudolf),all’epoca mio fidanzato, in pochi secondi gli aveva rovesciato addosso il condensato del suo giro per l’Austria :
“…ah ,madre italiana e padre austriaco?Sono stata in Austria,la conosco.Ero in lager da bambina a Bruck an der Leitha.Di dov’è il papà?Di Vienna?Io ho visto Vienna.Siamo arrivati da Neresine in carro bestiame ed a Vienna hanno aperto la porta del vagone e ci hanno dato il caffellatte così ho visto la stazione:era grande ,bella con tanta gente che andava avanti e indietro…”.
Io sino a quel momento non avevo raccontato nulla di questa storia e Rudi,che proprio non se l’aspettava, nel sentir parlare di bambini internati in un lager austriaco e di un viaggio “turistico” a Vienna in carro bestiame era rimasto letteralmente senza parole.
La nonna resasi conto del disorientamento del mio fidanzato aveva proseguito:
“A Bruck an der Leitha ci hanno trattato benissimo! Tu mi sarai il più caro di tutti perché sei austriaco!”.
A questo proposito vorrei sgomberare il campo da un equivoco : la nonna non era “austriacante”, né aveva sviluppato la “sindrome di Stoccolma” ma ,al contrario, è sempre stata “di sentimenti italiani” ,anche se ciò non le ha impedito per tutta la vita di non proferire verbo contro chi fosse slavo o austriaco o altro per il solo motivo di essere tale.
Semplicemente aveva inteso rassicurare il futuro nipote del suo affetto, forse temendo di aver creato un problema rivangando le sue memorie.
Per la nonna in ogni caso l’Austria era l’infanzia e prima del lager venivano strudel, kugluf (Kugelhopf),il diavolo Krampus con San Nicolò,la “Serbidiola” cantata a scuola sulla musica di Haydin (Serbi Dio l’austriaco regno guardi il nostro imperator) .
Cara nonna,dall’alto del cielo avrai notato che le tue preoccupazioni erano infondate: non solo con Rudi non ci sono stati problemi a causa del tuo internamento ma mio marito,come già era successo a mio padre genovese,si è innamorato della nostra Neresine !
GEA ED ANGELICA
Gea ed Angelica sono le mie gemelle: hanno ventidue anni e sono studentesse universitarie. Come il padre ,hanno doppia cittadinanza: italiana ed austriaca.Nelle loro vene ,frutto di vari incroci,scorre anche sangue viennese e neresinotto. Hanno trascorso le vacanze al mare dell’infanzia nella casa di famiglia nella piazza di Neresine. L’hanno persa recentemente perché la trisnonna Nicolina parlava abitualmente l’italiano e per questo motivo aveva potuto scegliere dopo la seconda guerra mondiale di restare italiana.
Non è stata l’Austria a volere tutto questo!E’ stata l’Italia,senza neanche versare l’indennizzo.
La loro bisnonna Lisa da bambina era stata deportata in Austria per italianità ,ma il Kaiser Francesco Giuseppe ,nonostante la sua durezza,non aveva neanche mai ventilato di nazionalizzare tutti i beni immobili dei suoi sudditi di lingua italiana!
Ci ha pensato l’Italia col trattato di Roma del 1965 per i suoi cittadini di lingua italiana che abitavano nelle terre cedute alla Jugoslavia dopo la seconda guerra mondiale,così consentendo a Tito,in cambio di un po’ di denaro, di realizzare il suo progetto di disitalianizzare l’Istria,progetto cui le potenze vincitrici col trattato di pace avevano invece posto precisi paletti.
Potrà capitare che le mie ragazze raccontino questa storia.
Cosa penseranno i loro coetanei dell’Italia?
Sono contenta che le mie figlie all’estero possano presentarsi anche come cittadine austriache.
L’EUROPA IERI E OGGI
Neresine oggi è croata .Limitandoci al passato più recente ,prima è stata Jugoslavia, Italia, Austria.
L’Austria, per mantenere il suo impero, nelle nostre terre aveva puntato sull’elemento slavo a scapito di quello italiano.
Risultato:dopo la prima guerra mondiale ha perso tutto.
Gli italiani dell’Istria avevano puntato sull’Italia per liberarsi dal giogo austriaco.
Risultato: dopo la seconda guerra mondiale hanno perso tutto.
A questo punto,cosa si può fare?
Vediamo cosa ci dice un grande italiano ,Niccolò Machiavelli:
“Dovete adunque sapere come sono dua generazione di combattere: l’uno con le leggi,l’altro con la forza:quel primo è proprio dello uomo quel secondo delle bestie: ma, perché el primo molte volte non basta, conviene ricorrere al secondo ”.(Niccolò Machiavelli,Il Principe).
Ora ,sia nel caso dell’Austria che dell’Italia, il modo di combattere delle bestie,vale a dire la guerra,ha dato esiti disastrosi .Non è proprio risultato conveniente.
Attualmente per recuperare almeno in parte l’italianità delle nostre terre non c’è quindi altra doverosa soluzione che combattere nel modo proprio degli uomini ,vale a dire con la legge ed in particolare col diritto europeo che regola i rapporti fra Italia e Croazia e vieta ogni discriminazione basata sulla lingua e sulla nazionalità, demandando alla Corte di Giustizia il monopolio dell’interpretazione del diritto UE.
Così,in un universo temporale parallelo , nonna Lisa ,quando si aprirà la porta del carro bestiame ,non si limiterà più ad ammirare Vienna con lo sguardo incantato di bambina per poco tempo prima di riprendere il viaggio verso il lager, ma potrà scendere dal treno e girare a suo piacimento per la città scoprendone le bellezze e potrà poi tornare a Neresine ed entrare diciottenne nella sua casa di sposa,da cui nessuno più manderà via i suoi nipoti e bisnipoti soltanto perché sono italiani.
Donatella Oneto
inrernamento della famiglia Camalich
nonna Lisa - ricorso di internamento
Memoria di Fulvio Bracco - scarica versione pdf