70 anni dall'approvazione della Costituzione Italiana, la più bella Costituzione del mondo.
(di Biagio Mannino)
Il 22 dicembre 1947, con 458 voti favorevoli e 62 contrari, l’Assemblea Costituente, approvava la Costituzione della Repubblica Italiana.
I 556 componenti dell’Assemblea, di cui 21 donne, concludevano quel percorso voluto dai cittadini italiani che, il 2 giugno 1946, espressero chiaramente la loro volontà di passare da una Monarchia ad una Repubblica.
L’Assemblea Costituente ebbe il preciso incarico di scrivere la nuova Carta Fondamentale che era destinata a sostituire lo Statuto Albertino risalente al 1848, tenendo conto proprio del risultato conseguito nel Referendum.
La DC, Democrazia Cristiana aveva 207 rappresentanti, il PSIUP Partito Socialista di Unità Proletaria 115, il PCI Partito Comunista 104, il PLI Partito Liberale Italiano 41 il UQ Fronte dell’Uomo Qualunque 30, il PRI Partito Repubblicano Italiano 23, il BNL Blocco Nazionale della Libertà 16 , PDL Partito Democratico del Lavoratori 9 e i rimanenti alle forze minori.
556 componenti di cui 21 donne, erano l’immagine delle diverse e, in particolare, nuove espressioni della politica italiana, figlia delle disastrose esperienze precedenti: dal fascismo alla guerra, dalle leggi razziali ad un Paese completamente distrutto.
Un’Italia in macerie dove oltre alle Istituzioni era tutto da ricostruire.
Eppure la volontà di ripartire creava grande fermento e voglia di ricominciare, ma da basi nuove, solide, democratiche.
Riunita la prima volta il 25 giugno del 1946, l’Assemblea Costituente, in poco più di un anno, produsse o un testo che, non a torto, viene definito il più bello del mondo. Un testo che racchiude in sé quanto successo e pone le basi per il futuro.
Sì, per il futuro poiché i profondi concetti espressi si indirizzano non solo a chi avrebbe dovuto gestire la Repubblica nei suoi primi passi, ma anche per tutte le generazioni che avrebbero seguito.
La grandezza del lavoro è data dal fatto che la Costituzione della Repubblica Italiana è programmatica, ovvero fissa delle linee guida ispirate dai principi dei primi 12 articoli, definiti appunto come “fondamentali”.
In essa troviamo tutto e sempre in linea con la volontà democratica emergente di quegli anni, con una capacità di saper guardare avanti anche ai cambiamenti sociali che avrebbero seguito.
Il Parlamento riunito in seduta comune presso la Camera dei Deputati.
Dai diritti ai doveri all’ordinamento dello Stato, alla ricerca di un equilibrio e di una garanzia affinché ciò che accadde non si ripetesse più.
Fu, come detto, un grande lavoro nel quale non mancarono momenti di tensione ed aspro confronto ma superati sempre nel nome del bene comune.
Non dobbiamo infatti dimenticare come le forze politiche che si trovarono a lavorare fianco a fianco nelle diverse commissioni, e poi durante le approvazioni, erano formate da uomini e donne che avevano conosciuto la brutalità dei regimi autoritari, le nefandezze della guerra senza poi tralasciare che, dai primi anni del ‘900, una scia di guerre, persecuzioni, distruzione caratterizzarono la vita di tutti i cittadini europei in particolare.
L’8 settembre, il 25 aprile segnavano la fine ma la realtà lasciava spazio alla profonda incertezza di fronte alla contrapposizione est – ovest in un confronto ideologico ben rappresentato dalla Cortina di Ferro che, da Stettino sul Baltico a Trieste sull’Adriatico, divideva l’Europa in due quasi ad anticipare quell’altra ferita grigia: il Muro di Berlino.
Erano anni difficili ed è per questo che i meriti dei componenti dell’Assemblea Costituente, non a torto definiti come “Padri”, sono ancora più evidenti dinnanzi al risultato ottenuto.
Negli ultimi anni abbiamo assistito a tentativi di mortificazione di quel testo costituzionale che, è necessario ricordarlo, ci è invidiato.
Tentativi portati da una classe politica disattenta a quegli articoli, al loro peso carico di valori e di democrazia, a quelle parole ricche di storia e futuro.
Due grandi riforme e per due volte i cittadini italiani hanno detto NO alla modifica della LORO Costituzione.
Le accuse di inefficienza, di inattualità della Carta, dimostrano una carenza di attenzione proprio a quella caratteristica, la programmaticità, dove, in nome proprio della democrazia, i Padri Costituenti delegarono chi avrebbe seguito a garantire, realizzare rappresentare.
Se oggi abbiamo situazioni critiche, la responsabilità non cade sulla Costituzione ma su chi l’ha, o, forse, non l’ha correttamente applicata.
Articolo già pubblicato su Il Vento di Nord Est