“Piccola esile gracile addirittura, dai lineamenti piuttosto duri, dalla voce debole, che quando alzava il tono diventava stridula. D'impressionante in lei non c'erano che gli occhi: neri, profondi, che soggiogavano sia c1he esprimessero bontà, sia negli scatti d'ira...non ci si spiegava come in quel fragile involucro potessero coesistere doti inaspettate di forza, di potenza, veramente, eccezionali”
Note biografiche; nasce ad Albona 1844 , famiglia benestante ( il padre proprietaro terriero di tendenze liberali , cittadino insigne più volte podestà discendente di una famiglia friulana stabilitasi in zona nel '700) in grado di soddisfare i bisogni intellettuali della giovane. Lo studio per la M. divenne unico elemento di svago e evasione nell'arretratezza dell'ambiente albonese, per questo si impegnò a trasmettere alla sua gente l'istruzione come unica arma a disposizioneper aiutarla ad emanciparsi. Si formò da sé conoscendo la scuola come istituzione solo al momento in cui vi entrò da maestra.
La conoscenza profonda delle condizioni delle povera gente che vedeva passare sotto le sue finestre quando andavano alla miniera i “musi neri”, uomini e bambini, e le donne a lavorare la terra da cui ricavavano appena per sopravvivere, oppressi da imposte e balzelli; la pietà , spinse la M. a voler dedicarsi all'insegnamento dapprima in poveri paesi rurali e poi nei quartieri “depressi” della pur grande e ricca Trieste: come scrive Silvio Benco la Trieste dei caffè di piazza Grande e poco più in là la miseria di Cittavecchia, dove sudiciume, squallore calo demografico mortalità infantile,illegalità la corruzione la fa da padrone, mentre il resto della città cresce e diventa sempre più opulenta.
La conoscenza dei classici del socialismo umanitario e dell'opera di Marx diedero una svolta al pensiero politico della M. da orientamenti liberal-nazionalistici ( influenza paterna e del Luciani con il quale si confrontò polemicamente) dopo lunga meditazione arrivò al socialismo tanto da trovarsi a Livorno nel '21 tra i socialisti secessionisti che diedero vita al partito comunista Impegno umanitario e pedagogico dapprima nato da un generico socialismo filantropico e umanistico, convivente con un forte senso di nazionalità, soprattutto italiana, poi trasforma la Martinuzzi in militante socialista a 52 anni.
La miseria lo sfruttamento non guarda slavi o italiani la condizione è la stessa scrive nel 1914 “Penso che se foste uniti in una sola volontà, lavoratori slavi e italiani, non sareste più soggetti all’arbitrio padronale. E penso che a tale unione consentirete tutti, quando sarete convinti che il nazionalismo di qualunque colore, slavo o italiano è una speculazione borghese”
Collabora con “Il Lavoratore” dal 1900 fino al 1918 , parla alle donne del Circolo femminile socialista, discute di lavoro minorile nelle fabbriche e nelle miniere, del nazionalismo, della libertà e della schiavitù, di Italiani e di Slavi, dei doveri dei socialisti. Nel 1904 viene eletta nella giunta municipale
Nel 1905 lascia la scuola: dicono di lei“virtuosa e infaticabile educatrice del povero”
Scrisse manuali di didattica, pedagogici, ma è anche una poetessa e una scrittrice. Famosa la silloge “Ingiustizia” pubblicato a Trieste nel 1907 canto storico-sociale in diversi metri dedicati “a quanti patirono ingiustizia”, “agli oscuri lavoratori” Con la poesia non sempre la M. riesce dare vigore ai reietti le cui voci si levano dalle miniere dalle officine dalle campagne, perchè quel vigore si stempera in un sentimentalismo datato in un linguaggio aulico e non poco enfatico, tuttavia rimane il trasporto accorato con cui ella delinea l'aut aut posti dall'esistenza alla gente della sua terra. “povera gente! O mordere/ delle negre miniere il negro pane/ o gli arsi campi mietere/né mai saper se mangeran dimane”
La critica la stroncò “esagerazione morbosa delle sue visioni del dolore sociale:::”
La Trieste dei salotti, la Trieste borghese chiude le porte alla M. La borghesia triestina la espelle la emargina., Ma la M. trovò nelle sale dei circoli socialisti uditori attenti e stimolanti. (Intrasigenza morale prima che politica) Collaborò con molti quotidiani e periodici. E ancora nel '12 ribadì il suo progetto di fratellanza italo-slava con un'azione scenica.
Nel 1910 spiegava così la sua compiancenza nell'udire i canti popolari slavi “Slavi e Italiani non sono forse coabitatori antichi della mia terra? Chi dice Istria, compendia in un concetto etnografico due nazionalità ormai inseparabili, perchè strette da vincoli diparentela e di interessi. Nè altrimenti è di codesta Dalmazia. Ecco la realtà che alcuni partiti politici nascondono sotto un cumulo di bugie. Io di così fatta politica fuggo l'odioso contatto e perciò in questi canti jugoslavi ammiro un'opera di bellezza e di giustizia, di verità storica e di cultura artistica...”
Nel '25 rientra ad Albona dove collabora con i comunisti locali e affronta le angherie fasciste. Muore il 25 novembre.