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Il 20 aprile 2017 la Camera dei Deputati ha approvato con 326 voti favorevoli su 363 votanti il provvedimento che introduce le “Dat” (Dichiarazioni anticipate di trattamento).

In particolare, l'articolo n. 3 che le regola, approvato con 313 voti favorevoli e 59 contrari, dispone che ogni persona maggiorenne e capace di intendere e di volere, in previsione di una propria futura incapacità di autodeterminarsi può, attraverso disposizioni anticipate di trattamento, esprimere le proprie convinzioni e preferenze in materia di trattamenti sanitari. Il documento deve essere redatto per iscritto (o videoregistrato a seconda delle condizioni del paziente) e il medico è tenuto a rispettarne il contenuto. Le volontà del paziente possono tuttavia essere disattese se appaiano palesemente incongrue o se nel frattempo le sue condizioni sono mutate o sono sopraggiunte nuove terapie non prevedibili al momento della loro compilazione. Con la medesima forma scritta le Dat sono rinnovabili, modificabili e revocabili in ogni momento. In caso di emergenza possono essere modificate o annullate anche a voce. Nel documento deve essere pure nominato un fiduciario che, in caso di sua impossibilità, ne faccia le veci e lo rappresenti nelle relazioni con il medico e con le strutture sanitarie.

Secondo la presidente della Camera Laura Boldrini, con questo voto il nostro Paese fa un altro passo avanti nella cultura dei diritti civili... ma i medici potranno rifiutarsi di eseguire le disposizioni del paziente rifiutandosi di attuare l'interruzione delle terapie perché il codice deontologico medico prevede l'obiezione di coscienza e, secondo il vicepresidente dell'Associazione medici cattolici italiani (Amci), Giuseppe Battimelli, saranno migliaia i medici obiettori.

E allora?

Ammesso che la legge venga approvata anche dal Senato senza modifiche sostanziali, visto che la volontà del malato potrà anche non essere rispettata, mi sembra addirittura inutile fare leggi del genere. Essa mi richiama alla memoria quella sull'aborto, anch'essa di difficile applicazione a fronte della possibile obiezione di coscienza dei medici.

E, finché si tratta di ragionarci su, nulla di grave può accadere, la vita può però presentare situazioni molto difficili in cui il mio sostegno andrebbe all'ammalato gravemente sofferente e inguaribile che vuole porre fine alle sue pene o alla donna stuprata che non vuole portare avanti una gravidanza frutto di una violenza subita. Ma non posso non comprendere anche il medico che, per fede o convinzione personale, si rifiuta di eseguire le volontà del paziente.
Leggi del genere suscitano mille interrogativi e provocano disagi agli interessati anziché risolvere i loro problemi. Non so come risolvono queste situazioni gli altri Paesi e sarebbe interessante che qualcuno ne scrivesse magari rispondendo ai miei interrogativi.

Per quanto riguarda l'Italia, c'è solo da sperare che, quando la legge sarà attuativa, le strutture ospedaliere ne assicurino il rispetto.

Carmen Palazzolo

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