di Luciana Melon (disegno di Livio Rosignano)
Natale, la più bella festa dell'anno: fintanto che si ha la famiglia intorno, potrebbe rispondere qualcuno. Ed è vero.
Adesso che i miei sono tutti morti, vivo questa festa per mia figlia e mio nipote, e sento che sono diventata come mia nonna. E siccome io adoravo mia nonna e la rimpiango ancora oggi, le ho dedicato una poesia per la sua festa prediletta, la prima che ho trascorso senza di lei.
Natale
Quand'era a casa mia nonna da sola parlava;
quello che stava facendo non commentava
non era qualche fatto inopportuno,
però di certo interloquiva con qualcuno.
Me ne accorsi un giorno che, già grande,
rientrai da scuola e la trovai a far domande,
in camera sua, vicino alla finestra,
il volto illuminato dal sole che accorata
diceva:”Te ga ragion, ma la xe un'ingrata
la se ga comportado proprio de mussa”.
Le chiesi con chi quel dialogo fosse:
lei sussultò e dopo un colpo di tosse:
”No te li vedi -disse- perché te son fioi;
co' te cressarà te gavarà anca ti i tuoi”.
Sono diventata grande, molto grande,
adesso posso anch'io sentirli durante
alcuni periodi: non di tutti sto parlando.
Di alcuni miei parenti ho il rimpianto
solo per il compleanno li ho in mente:
sto parlando di mia nonna principalmente,
la sento accanto quando mi sento smarrita
quando sono ferita e per nulla, stupita
piango: percepisco vicina la presenza
ma non ignoro la sua dissolvenza.
Non è qui come un'anima esistente,
è nel mio cuore e nella mia mente.
Risuona la sua voce nelle orecchie,
e sorrido da sola, simile alle vecchie.
E a Natale non piango più per i posti vuoti
pensando a chi non c'è o agli amori avuti.
Come mia nonna non mi asciugo i lucciconi
perché so che Natale è la festa dei buoni
e dell'amore e se la rivedrò glielo farò notare:
rimaniamo per sempre se insegniamo ad amare.
(23 dicembre 2000)