di Carmen Palazzolo
Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale e il suo strascico di eccidi, il cosiddetto Mondo Occidentale è in pace ma ciò non significa che ci sia pace ovunque nel mondo. Anzi, secondo il sito documentazione.info sono ben 25 i Paesi d’Africa, Asia ma anche America del Sud in cui infierisce tuttora la guerra. Fra questi, come ci perviene da un gruppo di donne ricamatrici di Ramallah (Palestina), c’è, appunto, la Palestina. Qui il conflitto, che affonda le sue radici nel secondo dopoguerra quando, il 14 maggio 1948, Ben Gurion dichiarò l'indipendenza di Israele, dopo la decisione delle Nazioni Unite di dividere la Palestina in uno Stato arabo e in uno Stato ebraico, sembra aver avuto una recrudescenza dopo che, qualche mese fa, i media internazionali hanno annunciato una dichiarazione congiunta dell’Amministrazione Americana di Trump e di quella Israeliana di Netanyahu del cosiddetto “Piano di pace per il Medio Oriente”.
Esso consiste, di fatto, nell’annessione a Israele del territorio della Valle del Giordano e di altre zone palestinesi che, nonostante la reazioni indignata di alcuni paesi, si sta applicando. Ne fa la cronaca, tutte le sere, la TV palestinese, che mostra come tutti i villaggi palestinesi vicini agli insediamenti israeliani sono il bersaglio dell’aggressione dei coloni israeliani, sostenuti dall’esercito, per occupare nuovi territori allo scopo d’ingrandire il loro territorio. Si vede così sradicare alberi di ulivo o bruciarne intere piantagioni… bulldozer che passano su interi campi coltivati… distruzione di baracche che contengono materiale agricolo! Qualche giorno fa si è visto strappare dei pali elettrici per far passare una nuova strada per raggiungere un nuovo insediamento lasciando senza elettricità case o interi villaggi. Vengono anche distrutte delle abitazioni nei territori palestinesi con la scusa che sono costruite senza “permesso di costruzione”.
E i palestinesi come reagiscono alla situazione?
Un giorno è stata vista una contadina che si era incatenata ad un albero nella sua piantagione di ulivi che stavano per essere distrutti!
Spesso, specie quando i “coloni “cominciano a circolare sui terreni dei villaggi, si organizzano delle manifestazioni pacifiche, senza armi, neanche pietre. I manifestanti marciano con le bandiere palestinesi, in silenzio o con degli slogan, cercando d’interpellare i coloni o i soldati pesantemente armati… ma senza alcun risultato. Di solito si uniscono a loro delle personalità civili o politiche, soprattutto il venerdì.
Alla fine succede però che i dimostranti vengono dispersi con bombe lacrimogene, o si arriva addirittura alla violenza ed essi vengono colpiti, battuti, buttati a terra o imprigionati.
Ma la repressione non vince sulla determinazione della popolazione dei villaggi, che giurano che non abbandoneranno mai le loro terre.